A quattro mesi di distanza da quel 16 settembre 2022, data della morte di Mahsa Amini, uno dei leader delle rivolte in corso in Iran è stato tratto in arresto dalle autorità. L'uomo, del quale non sono state rese note le generalità, è accusato di aver stretto legami con l'intelligence di Stati Uniti e Gran Bretagna.
L'Irna, Agenzia di stampa della Repubblica Islamica, ha diffuso le parole del procuratore di Teheran Ali Salehi in merito alla cattura: proprio il procuratore ha evidenziato come l'arrestato coinvolto avesse rapporti con gli 007 statunitensi e britannici.
Secondo le prime ricostruzioni rivelate dal procuratore, l'arrestato sarebbe il genero di uno dei "leader anti rivoluzionari", che vivrebbe all'estero e avrebbe agito sotto copertura utilizzando il nome "Gioventù dei distretti dell'Iran" per convocare manifestazioni in varie città durante le proteste.
Nelle sue prime confessioni, l'arrestato ha detto che aveva anche il compito di pagare dei "criminali" per creare disordini. Un'iniziativa finanziata dai fondi provenienti da Usa e Gran Bretagna, ha fatto sapere Salehi, aggiungendo che anche "altri membri del gruppo sono stati arrestati in varie province".
Nel frattempo, sempre durante le manifestazioni di protesta attualmente in corso in Iran, un uomo di 35 anni, catturato dalle locali forze di sicurezza, è stato condannato a morte per tre distinte accuse. Il giovane, di nome Javad Rouhi, è accusato di 'blasfemia' per aver bruciato il Corano e insultato la santità durante proteste che si sono tenute nella città settentrionale di Noshahr a fine settembre.
Altri due imputati nello stesso caso, entrambi diciottenni, hanno ricevuto condanne a morte a cui è possibile fare ricorso. Si tratta di Mehdi Mohammadifar e Arshia Takdastan. La pena capitale è già stata eseguita per altre quattro persone arrestate a seguito delle proteste esplose dopo la morte di Amini.