Il Centro studi di Confindustria traccia la prima previsione stagionale sull’economia italiana del 2023, parlando di luci e ombre. In particolare, nell’analisi si prevede una prima metà dell’anno caratterizzata da parecchia incertezza e dai residui degli aumenti registrati nel secondo semestre del 2022, a cominciare dai prezzi energetici e dall’inflazione.
Tuttavia, i dati riscontrati nel passato recente sono confortanti e portatori di cauto ottimismo: dall’introduzione del price cap un mese fa, infatti, il livello di prezzo del gas è giunto ai minimi storici (nonostante ieri ci sia stata un’impennata da 60 a 66 euro/MWh alla Borsa di Amsterdam); ma anche il potere d’acquisto degli italiani, nonostante sia diminuiti, si è mantenuto su livelli superiori alle prospettive iniziali.
A pesare in negativo è anche il rialzo dei tassi d’interesse attuato a fine anno dalla Bce, che pone un freno massiccio agli investimenti nel tentativo di arginare l’inflazione (+1,63% per le pmi, +1,91% per le grandi aziende).
In ogni caso, le previsioni di Confindustria sul 2023 lasciano uno spiraglio di fiducia per la ripresa dell’economia, nonostante ci siano studi di agenzie di rating che parlano di leggera recessione.
I punti più critici riguardano proprio il settore industriale, in continuo calo nel quadrimestre settembre-dicembre 2022 (del 4% complessivamente). Chiaramente esistono differenze marcate all’interno del calderone: per esempio il settore manifatturiero è rimasto sostanzialmente stabile (+0,1%) mentre ci sono comparti che hanno vissuto un vero e proprio tracollo, come quello energetico o quello edile (quest’ultimo fisiologico dopo un biennio destramente proficuo). L’indice di fiducia delle imprese, di conseguenza, scende.
A Davos il presidente di Confindustria Carlo Bonomi si è espresso sulla situazione italiana, riportando poi le sue idee anche in diverse testimonianze giornalistiche e radiofoniche.
Leggendo il report sulle previsioni dell'inflazione, l’Associazione del secondo settore ha stimato la forchetta tra il 5-6%, valori comunque difficili da sostenere ma che consentirebbero di rientrare parzialmente nei ranghi. Come logico attendersi, molto dipendere dai principali fattori di incertezza, a cominciare dai costi dei beni energetici.