26 Jan, 2023 - 12:53

Formula 1, gli attivisti del gruppo Just Stop Oil negano le accuse su Silverstone

Formula 1, gli attivisti del gruppo Just Stop Oil negano le accuse su Silverstone

Tempi bui per il gruppo ambientalista Just Stop Oil che ora vede a processo i suoi attivisti coinvolti nei fatti di Silverstone dello scorso campionato di Formula 1. Il loro ingresso in pista lo scorso anno destabilizzò il Circus portando tanti piloti ad esporsi soprattutto per ragioni di sicurezza che naturalmente occupano un ruolo prioritario nell'organizzazione di una manifestazione sportiva, specialmente di questo tipo.

Solidarietà e comprensione non trovano alcuno spazio ovviamente nel processo in corso a David Baldwin, Emily Brocklebank, Alasdair Gibson, Louis McKechnie, Bethany Mogie e Joshua Smith; quest'ultimi a Silverstone decisero di invadere il rettilineo "Wellington" che come prevedibile rappresenta uno dei punti di maggior velocità per le vetture di Formula 1.

In quell'occasione, nonostante gli attivisti fossero seduti immobili in pista non si verificarono particolari pericoli soprattutto in virtù della scarsa velocità delle auto in pista in seguito ad un incidente di Zhou che aveva provocato la bandiera rossa. La gravità del gesto non pare abbia tuttavia convinto gli attivisti che hanno negato l'accusa mossa nei loro confronti che recita "rischio di gravi danni ai piloti di F1 e ai commissari di gara nelle vicinanze".

Formula 1, l'accusa al gruppo Just Stop Oil a Silverstone

L'invasione del rettilineo Wellington non rappresenta ovviamente un motivo per incolpare gli attivisti di un reato molto grave, eppure resta la sostanza di un'accusa che sottolinea gli aspetti più pericolosi di tale gesto. Nella documentazione ufficiale si legge infatti:

virgolette
Gli imputati hanno commesso un atto criminale di disturbo pubblico, ciascuno di questi era presente a Silverstone ed era intenzionato a causare un disturbo alla gara. Non è in discussione il fatto che cinque degli imputati siano entrati in pista e non avessero il permesso di essere lì, sedendosi di fronte alle auto in corsa. Inevitabilmente diranno che questo è stato fatto come atto di protesta e per portare pubblicità alla causa e alla richiesta nei confronti del governo britannico di non ottenere nuove licenze per l’estrazione del petrolio e del gas. L’accusa sostiene che c’era chiaramente un rischio immediato di danni gravi. È evidente che avrebbero potuto essere colpiti da veicoli in rapido movimento con ovvie gravi conseguenze. Secondo l’accusa, le loro azioni hanno causato un rischio anche per i piloti stessi e per i commissari di gara.
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Davide Cavallo
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