Sulla base delle motivazioni della sentenza che ha interrotto il processo sul "Caso Regeni", pubblicate giovedì scorso, il Gup di Roma ha accolto la richiesta di chiamare in udienza il primo ministro Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: la convocazione è fissata per il prossimo 3 aprile.
Alessandra Ballerini, legale dei genitori del ricercatore friulano ucciso in Egitto nel 2016, aveva presentato un'istanza nella quale chiedeva di sentire la versione dei due esponenti politici e riferire i colloqui avuti con il presidente egiziano al Sisi tra novembre e gennaio. In breve, il leader del Cairo aveva promesso di eliminare ogni ostacolo burocratico e favorire la cooperazione internazionale per fare luce sull'omicidio irrisolto del 28enne di Fiumicello.
Come richiesto dalla difesa, il processo per l'omicidio di Giulio Regeni potrà sbloccarsi solo grazie all'intervento delle autorità egiziane: in assenza di contraddittorio, dunque, è compito dell'Esecutivo (di Meloni e Tajani nel caso particolare) riferire in merito alle posizioni del Cairo affinché collaborino per la verità e la giustizia.
Anche perché, come spiegato dal legale della famiglia Regeni nel punto stampa successivo all'udienza, "vogliamo credere di essere cittadini in uno Stato di diritto che li tuteli e non venga meno alle proprie responsabilità". In Piazzale Clodio si è poi tenuto un piccolo raduno per continuare a chiedere risposte sulla morte del ricercatore, a cui hanno partecipato anche volti noti dello spettacolo come Valerio Mastrandrea e Pif.
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, ha parlato di "convocazione assolutamente doverosa", dal momento che le parole di rassicurazione e ottimismo pronunciate sia da Meloni che da Tajani hanno un peso specifico importante in una fase di sostanziale immobilismo giudiziario.
Solo qualche giorno fa il titolare della Farnesina ha dichiarato in un'intervista che "il governo considera gravissimo e inaccettabile quanto accaduto a Giulio Regeni, e continua a cercare verità e giustizia per un'orrenda esecuzione". Tuttavia, e Tajani non lo nasconde, l'Italia ha sul tavolo dossier strategici cruciali nell'area del Nord Africa (a cominciare dal dossier immigrazione), che impediscono all'Esecutivo di forzare la mano quanto vorrebbe.