Il mondo del commercio soffre sempre di più. Se prima erano i centri commerciali e gli e-commerce a mettere in crisi le piccole attività dei nostri centri ora sono messi in ginocchio e costretti a chiudere per via della pandemia prima e dell'inflazione poi. Nel 2022 sono nate solo 22.608 nuove attività, il 20,3% in meno del 2021. Un numero insufficiente a compensare la chiusura delle oltre 43mila imprese che non ce l’hanno fatta ad andare avanti.
Secondo una stima sul commercio effettuata a fine 2022 da Confesercenti, la situazione nei piccoli centri è devastate. Il 2022 è stato un anno nero per il commercio in Italia. A fronte delle 22.608 nuove attività, il 20,3 percento in meno rispetto al 2021, oltre 43mila imprese hanno abbassato per sempre la saracinesca. Oltre 20mila unità hanno chiuso con un bilancio negativo per una media di oltre due negozi spariti ogni ora. Il direttore del centro studi di Confcommercio Mariano Bella è intervenuto durante la trasmissione "Pomeriggio Con Noi" in onda ogni giorno su Cusano Italia Tv e condotta da Francesca Romana Macrì e Francesco Acchiardi ha analizzato la situazione: "Noi abbiamo tentato nelle medie città, nei capoluoghi di provincia di identificare una dinamica tra centro storico e periferia, dal 2012 ad oggi sono scomparsi 100 mila negozi del commercio al dettaglio in sede fissa e 16 mila licenze degli ambulanti, mentre sono cresciute di 10 mila unità alberghi, bar e ristoranti. Nel complesso, del paese effettivamente c'è il rischio di una desertificazione. Io ci tengo precisare che comunque il nostro commercio è vitale, è stato reattivo ed ha superato le tante crisi che sono fenomeni come la pandemia o la crisi energetica, due fenomeni che nessuno al mondo poteva prevedere e che si sono sono succedute in una sequenza abbastanza stretta dal punto di vista temporale. Tutto sommato il nostro commercio è vitale ed ha reagito, ma il rischio desertificazione c'è perché se consideriamo anche la riduzione della popolazione, la densità commerciale, ossia il numero di negozi per 1000 abitanti si è ridotta del 20%."
Patrizia De Luise presidente di Confesercenti ha spiegato: "La ripartenza post-pandemia non è riuscita a infondere nuovo slancio alle piccole imprese del commercio al dettaglio. Aprire una nuova attività di commercio di vicinato, in un mercato crescentemente dominato da grandi gruppi e giganti dell’online, è sempre più difficile: e i neoimprenditori, semplicemente, rinunciano, come evidente dal calo delle nuove aperture, inferiore addirittura all’anno della pandemia. C’è il pluralismo del sistema distributivo e il servizio ai cittadini: proprio l’anno della pandemia ha dimostrato il valore della rete dei piccoli negozi, dagli alimentari alle edicole, per la popolazione. Occorre aiutare le piccole superfici di vendita a inserirsi nel mercato e a restarci. Innanzitutto, puntando di più sulle politiche attive, a partire dalla formazione imprenditoriale e dal tutoraggio delle start-up da parte delle associazioni di categoria. Ma servirebbe una spinta anche sul piano fiscale, con un regime agevolato per le attività di vicinato."