Si è parlato molto, negli scorsi giorni, di un possibile blocco di TikTok per i dipendenti pubblici italiani, sul modello di quanto sta accadendo in altri Paesi, dove la nota piattaforma social è stata vietata, ad esempio, sui dispositivi governativi. Ad avanzare questa possibilità era stato, tra gli altri, il ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, che nelle scorse ore ha deciso però di tornare sulla questione, specificando che non spetta a lui decidere.
Dopo la decisione del Governo statunitense di vietare TikTok sui dispositivi governativi e su quelli personali dei dipendenti pubblici "per motivi di sicurezza" - decisione a cui Pechino ha risposto duramente, accusando Washington di "abuso del potere statale" -, anche il Parlamento e la Commissione dell'Unione europea si sono mossi in tal senso, rendendo nota la volontà di vietare l'installazione e l'uso dell'app sui telefoni del personale per evitare che possano esservi furti di dati. Un ban che, secondo le voci diffuse negli scorsi giorni, potrebbe arrivare anche in Italia. A parlarne, tra gli altri, era stato il ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, nel corso di un'intervista a Repubblica.
Così facendo, secondo il ministro, si sarebbe arrivati a una proposta in tempi brevi. Eppure, nelle scorse ore, Zangrillo ha sentito il bisogno di tornare sulla questione, sventando l'ipotesi di un blocco di TikTok per i dipendenti pubblici italiani, almeno per il momento, e parlando di "misunderstanding". Durante una nuova intervista, rilasciata a Riccardo Luna in occasione della sua partecipazione all'apertura del Raduno dei Responsabili per la Transizione Digitale (RTD), voluto dal Gruppo Maggioli e curato dall'avvocato Ernesto Belisaro, il ministro della Pubblica Amministrazione ha infatti dichiarato:
Sul suo tavolo, dunque, non ci sarebbe dunque divieto, almeno non a breve termine. "Assolutamente no, anche perché, peraltro, non è una decisione che spetti a me. Ai pubblici impiegati chiariremo questo misunderstanding", ha concluso. Sarebbe in corso, comunque, da parte del Cospasir, un approfondimento per valutare i potenziali pericoli del social e la sua capacità di infiltrazione. Non è la prima volta. Già tre anni fa, nel periodo del Conte 2, l'allora presidente del Comitato, il leghista Raffaele Volpi, su richiesta del Pd, aprì un procedimento, che portò a un'istruttoria affidata all'Agenzia per le informazioni e la sicurezza esterna (Aise) e al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), con l'obiettivo di "verificare l'uso che il governo della Cina fa dei dati sensibili degli utenti italiani iscritti su TikTok". Con tutta probabilità si tratta solo dei primi passi di una vicenda destinata a durare nel tempo, almeno fino a quando non sarà presa una decisione chiara.