I russi, i russi. E quindi, gli ucraini. Sono ancora una volta le questioni internazionali, al centro del dibattito politico più che mai alla luce della guerra in essere, a scuotere gli equilibri di maggioranza. Avveniva già quando l’esecutivo era nascituro. In quell’occasione furono gli audio di Berlusconi che riportarono alla memoria le vecchie amicizie tra il leader di Forza Italia ed il Presidente russo. Amicizie condivise con Matteo Salvini leader di un altro partito, la Lega, che in queste ore punzecchia sollecitazioni al governo.
Ma quella di Russa ed Ucraina, stavolta, potrebbe essere una mera questione di facciata per nascondere apprensioni ben più radicate e galleggianti nel subconscio leghista: quella della partecipate di stato. Sono giorni cruciali per il rinnovo degli amministratori all’interno delle aziende di Stato. Matteo Salvini, in questo senso, starebbe cercando di ottenere qualcosa di più.
Giorgia Meloni, prima alla Camera e poi al Senato, ha nella giornata di ieri relazionato in vista del Consiglio europeo in corso oggi. È prassi: il Presidente del Consiglio, prima di andare in Europa a rappresentare l’Italia, passa per il parlamento. Si è discusso di Ucraina e di immigrazione ed il Premier ha, sostanzialmente, ribadito la linea del suo esecutivo. Sull’Ucraina è emersa una posizione della Lega diversa da quella di Meloni, quasi più vicina a quella del Movimento 5 Stelle che, con l’intervento di Giuseppe Conte, ha accusato il Premier di star portando l’Italia in guerra. Emblematico è, in questo senso, l’intervento fatto dal capogruppo della Lega al Senato:
Contiamo su di lei presidente Meloni. Sento dire – ha detto Massimiliano Romeo - che è una tosta per una serie di motivazioni. Comprendiamo non sia facile fare delle proposte nell'ambito dell'Alleanza atlantica. Ma se è vero che stiamo combattendo per la libertà, dobbiamo essere pronti a difenderla all'occorrenza in casa nostra. Che libertà è quella che criminalizza qualsiasi idea che si discosta dal pensiero dominante? Assomiglia più ad una dolce tirannia.
Oltre alle parole c’è tutta la comunicazione non verbale ad aver agitato la giornata parlamentare di ieri. Intorno a Giorgia Meloni, nei banchi adibiti agli esponenti di governo, mancavano i leghisti. Altri, come il Vicepremier Antonio Tajani, hanno presenziato al fianco del Premier per tutte le ore di discussione. Matteo Salvini non c’è ma poi, probabilmente sollecitato da Giorgia Meloni, ha mandato i suoi in avanscoperta. Calderoli e Schillaci, ad esempio, sono subentrati in corsa.
Nel frattempo Giorgia Meloni è volata a Bruxelles per il Consiglio Europeo. Il Presidente del Consiglio porterà avanti la sua linea: lavorare per la risoluzione del conflitto ma continuando a sostenere la causa Ucraina anche in termini di forniture. Meloni, sollecitata in un punto stampa, ha poi risposto a chi ipotizza possibili fratture con la Lega: