Farina di grillo sì, carne non animale no. La cucina italiana è davvero sulle montagne russe. Fra proclami governativi e pesanti critiche, a non dividere è la considerazione che la nostra tavola presenta.
Con l’arrivo dell’alt al cibo sintetico a tuttotondo, accompagnato dall’altrettanto roboante annuncio del governo a tutela e salvaguardia di una filiera alimentare nostrana che vale 580 miliardi di euro, il sogno di mangiare una bistecca che non causi la morte di un animale, si allontana. La sfida dell’esecutivo Meloni, nel nome della tutela del Made in Italy, ha attirato anche delle critiche, in particolare dagli animalisti, che insorgono e contestano la decisione di Palazzo Chigi e dei suoi ministri di proseguire verso il proliferare degli allevamenti intensivi e dell’inquinamento atmosferico da essi dovuto: si stima infatti che questo tipo di attività causino il 14,5% del gas serra. Tuttavia, l’Italia da oggi vieta la produzione – sì – ma non l’import di questo tipo di alimenti e mangimi sintetici che, secondo l’esecutivo mettono in discussione il rapporto fra uomo e natura. La nostra bistecca integralmente naturale quindi come contorno, per chi produce o vende alternative prodotte fantascientificamente in laboratorio, sanzioni fino a 60mila euro o al 10% del fatturato.
Poi c’è la nuova normativa europea cui l’Italia, volente o nolente, si è dovuta adeguare sul tema delle farine prodotte da quattro insetti diversi, oggetto di altrettanti decreti presentati dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida insieme al ministro del Made in Italy Adolfo Urso e a quello della Salute Orazio Schillaci. L’unica azione del governo sul tema è stata assicurare una severissima vigilanza ed etichette precise. Insieme alla garanzia che alimenti tipici del nostro Paese come pasta, pizza e pane, non vedranno quelli che lo stesso Lollobrigida ha definito cibi non tradizionalmente presenti nell’alimentazione, come le farine di grillo, locusta migratoria, verme della farina e larva gialla. Insomma, rigatoni e spaghetti saranno sempre e solo di grano duro.
E, nonostante la consolazione della candidatura a patrimonio dell’Unesco, per la cucina italiana è davvero un momento amaro. Soprattutto se si fa il paro, farina di grillo a parte, con l'attacco alla cucina italiana del Financial Times: secondo il giornale americano infatti alcune tipicità della nostra cucina sarebbero non tricolori, ma statunitensi.