Non si arresta la fronda di aggiornamenti sulla latitanza di Matteo Messina Denaro. A quanto pare il capomafia, durante il periodo di cura per il tumore al colon, chiese che venisse secretato il suo fascicolo sanitario elettronico. Un diritto garantito dalla legge che consente a ciascun paziente di rendere non visibile agli operatori sanitari lo storico di visite ed esami.
La notizia è stata divulgata nelle ultime ore ma in realtà gli investigatori lo avrebbe appurato nelle settimane successive all'arresto. Chiaramente sui moduli da lui firmati nella clinica di Palermo aveva usato lo pseudonimo di Andrea Bonafede, il geometra che gli ha ceduto la sua identità.
Ora gli inquirenti si stanno proprio concentrando sulla rete di contatti in ambito medico sanitario costruita da Matteo Messina Denaro nell'ombra. Il primo nome è quello di Alfonso Tumbarello, il medico curante del boss di Castelvetrano, già accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso. Durante l'interrogatorio l'accusato ha più volte sostenuto di non aver mai conosciuto la reale identità del paziente e di essersi sempre attenuto a prescrivere i farmaci sulla base delle indicazioni fornite dagli specialisti.
Purtroppo per lui la sua versione è crollata come un castello di sabbia grazie alla testimonianza di Gianfranco Stallone, il medico di base che ha sostituito Tumbarello dopo il pensionamento. La realtà dei fatti è che il fascicolo sanitario non era consultabile perché volontariamente secretato, una condizione legittima ma piuttosto rare che insospettì all'epoca il dottore. Appurato questo elemento, gli investigatori capirono che qualcuno avesse suggerito al capomafia di ricorrere a questo stratagemma per occultare meglio la sua latitanza.
Eppure, per la Procura di Palermo, il nome di Alfonso Tumbarello sarebbe un pesce di media grandezza all'interno della piramide. Pertanto, l'accusa è alla ricerca di un pezzo grosso, del nome capo a cui Messina Denaro avrebbe affidato interamente la propria salute.