Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Austria, Irlanda, Danimarca, Malta, Spagna, Svezia, Finlandia, Slovenia, Francia, Germania e Grecia: questi i Paesi UE che hanno improntato una causa legale contro la legge del governo Orban di "protezione dell'infanzia", ma che in realtà è stata tacciata dall'opinione pubblica come norma anti-LGBT.
Così il ministero degli Affari Esteri belga che ha guidato l'azione legale contro una normativa ungherese del 2021 che limita "le rappresentazioni dell'omosessualità e del cambiamento di genere nei contenuti dei media e nel materiale educativo rivolto a un pubblico di età inferiore ai 18 anni".
L'approvazione di questa normativa ha scatenato reazioni di vario tipo, tra cui lettere congiunte e dichiarazioni di Primi Ministri che hanno manifestato il loro dissenso per la legge firmata dal loro collega ungherese, Viktor Orbàn.
Molto duro in particolare il Primo Ministro olandese Mark Rutte che si è spinto a dire che se l'Ungheria proseguirà per questa strada "per quanto mi riguarda, non ci sarà più nulla per loro nell'UE".
Un'altra critica mossa alla legislazione è quella di aver scambiato pedofilia e omosessualità, visto che il testo dichiara di voler rafforzare la protezione dei minori dagli abusi sessuali.
Già nel 2021 von der Leyen da Bruxelles si era espressa duramente contro la politica di Orban, accusato di omofobia.
Nonostante l'Italia nel 2021, anno della promulgazione, avesse firmato una lettera collettiva di denuncia della legge ungherese insieme Cipro, Lettonia ed Estonia non ha partecipato alla nuova azione dei 15 Paesi UE.
Nel frattempo non è chiaro se altri Paesi potranno unirsi all'azione legale dopo il limite -scaduto oggi-, quello che è certo è che c'è soddisfazione da parte di Katrin Hugendubel, direttrice dell'advocacy di ILGA-Europe, una Ong che racchiude oltre 600 enti in Europa e Asia centrale.