Il difficile flusso di denaro tra Italia e Ue non riguarda solamente i fondi del Pnrr ma mostra un’anomala stagnazione dei fondi provenienti da Bruxelles. Questo il quadro che emerge dai dati pubblicati sul portale Cohesion Data della Commissione europea, in riferimento al periodo storico 2014-2020. Tradotto in pratica, sono coinvolti i governi Renzi, Letta, Gentiloni e Conte. Un problema dunque cronico che colpisce al cuore il Paese, da tempo chiamato a una serie di riforme rimaste spesso un mucchio di parole.
Al 31 dicembre 2020 l'Italia è infatti penultima per la spesa delle risorse dei fondi strutturali europei, avendo impiegato appena il 62% delle risorse. Alle spalle solo la Spagna, che si ferma al 57%, ma che non presenta impedimenti allo stato attuale rispetto al Recovery Fund.
Il valore assume ancor più rilevanza critica se si accorcia di soli due mesi l’arco temporale, fermandosi a ottobre 2020. In questo caso si crolla al 50% delle risorse messe a disposizione da Bruxelles (per avere un ordine di grandezza, la media Ue è del 76%). Si capisce dunque che l’allarme lanciato in merito alla possibilità di perdere questi miliardi è concreto e diventerà ufficiale se l’Italia non allocherà i fondi ancora non spesi né rendicontati entro il 31 dicembre 2023.
L’accordo di partenariato per i Fondi strutturali e di investimento europei 2021-2027, rivisto lo scorso luglio, garantisce al Belpaese oltre 75 miliardi di euro, di cui 43 in arrivo dall’Eurocamera.
A margine della presentazione dei dati, il ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto ha rilasciato un breve commento in merito: