È una storia avvolta dal mistero, lunga 46 anni, quella che riguarda l'omicidio di Giorgiana Masi, la 18enne uccisa a Roma il 12 maggio 1977 nel corso di una manifestazione organizzata dai radicali. Sulla sua morte, avvenuta nel corso di alcuni scontri tra i manifestanti e le forze dell'ordine, non si è mai fatta giustizia: nonostante le indagini, il responsabile non fu mai individuato. Forse anche perché non si è voluto cercare abbastanza. In tanti, negli anni, lo hanno sostenuto a gran voce.
commentava, alla chiusura delle indagini sul caso, la giornalista Camilla Cederna.
È il 12 maggio 1977. In Piazza Navona, a Roma, in tanti si sono dati appuntamento per prendere parte alla manifestazione - pacifica ma non autorizzata - organizzata dal Partito Radicale di Pannella per raccogliere le firme necessarie ad indire otto referendum "contro il regime", per la depenalizzazione dell'aborto, l'abrogazione, dal codice penale, delle "norme repressive" e del concordato con la Santa Sede. L'occasione è il giorno in cui si festeggia il terzo anniversario della vittoria al referendum sul divorzio, regolato dalla Legge Fortuna-Baslini del 1974. Tra loro c'è anche Giorgiana Masi.
19 anni ancora da compiere, Giorgiana frequenta il quinto anno del liceo scientifico Pasteur e da un po' milita negli ambienti di Lotta Continua. Era di casa, quella mattina, tranquillizzando la madre.
Parole che, per uno scherzo del destino, sarebbero state smentite dai fatti. Ben presto al sit-in si uniscono infatti gli appartenenti di alcune formazioni della sinistra extraparlamentare, tra cui quelli di Autonomia Operaia. La situazione si scalda, dal Parlamento chiedono alle forze dell'ordine di evacuare l'area. Tra i manifestanti c'è chi lancia fumogeni, semplici bottiglie e sampietrini. Gli agenti rispondono, caricano, usano gas lacrimogeni. Alcuni sparano. E un proiettile colpisce proprio Giorgiana, che si accascia a terra e muore.
Da quel momento in poi le responsabilità si rimbalzano. Vari indizi parlano del coinvolgimento di agenti, forse in borghese, ma, alla fine, l'omicidio resta senza un colpevole. Rimangono inascoltate anche le varie richieste di istituire sulla vicenda una commissione parlamentare d'inchiesta. Pannella sostiene che il ministro dell'Interno, Francesco Cossiga, abbia la responsabilità morale di quanto accaduto. Il politico si difende, dice che la colpa sia da rimandare agli organizzatori del sit-in, non approvato dal Governo proprio in virtù dei possibili scontri armati, visto il generale clima di protesta di quegli anni.
Le indagini vengono archiviate il 9 maggio del 1981 per "impossibilità a procedere poiché rimasti ignoti i responsabili del reato". Nel 1998 vengono riaperte, nell'ambito di alcuni nuovi accertamenti su una pistola rinvenuta presso l'Università La Sapienza di Roma durante le perlustrazioni seguite all'omicidio di Marta Russo. Nessun riscontro, però, ha esito positivo. Così la morte di Giorgiana Masi finisce nell'elenco delle vittime che non hanno mai trovato giustizia. Una di quelle ferite che, nonostante il trascorrere del tempo, sono ancora aperte e fanno male.