Maxi multa da 1,2 miliardi di euro per una presunta violazione della legge europea sulla privacy: si tratta dell'ultimo provvedimento ai danni di Meta, colosso statunitense fondato da Mark Zuckerberg. Ad infliggere la sanzione l'Autorità garante della privacy irlandese, che opera per conto dell'Unione Europea. Si tratta della sanzione più elevata mai inflitta in Europa per questo tipo di reato.
L'accusa rivela come Meta non avrebbe tutelato i dati personali degli utenti europei iscritti a Facebook. Tali informazioni sarebbero state trasferite a Washington, potenzialmente destinate agli strumenti d'analisi dei servizi di intelligence americana. La piattaforma, inoltre, aveva già ricevuto in passato un avvertimento dall'Ue, e dunque avrebbe agito in barba a ogni esortazione.
Meta è abituata al trasferimento di dati dall'Europa agli Stati Uniti: è proprio negli Usa che l'azienda gestisce i propri centri principali di monitoraggio dei dati, indispensabili per offrire i propri servizi.
Dopo aver vinto il duello a distanza con la Siae, arrivano così nuove grane per Meta in Europa. La multa inflitta ha scavalcato quella da quasi 750 milioni comminata dal Lussemburgo ad Amazon nel 2021: fino ad oggi era proprio quella la più alta mai prescritta.
Ma le richieste recapitate dall'autorità per la protezione dei dati personali alla compagnia statunitense non finiscono qui. Oltre al pagamento della sanzione, infatti, Meta dovrà interrompere l'invio di informazioni sugli utenti europei di Facebook agli Stati Uniti. I dati già inviati andranno cancellati entro sei mesi. L'unico modo, per Meta, di evitare tali obblighi sarebbe che Washington e Bruxelles stipulino un nuovo accordo sul trattamento dei dati degli utenti.
La società guidata da Zuckerberg non ci sta e annuncia ricorso in appello contro la sentenza. Lo fanno sapere due dipendenti della piattaforma: Nick Clegg, presidente degli affari globali, e Jennifer Newstead, Chief Legal Officer. Il loro annuncio è arrivato in un post ufficiale.
Clegg, poi, ha esternato la delusione negli ambienti di Mata per "essere stati colpiti visto che utilizziamo schemi legali impiegati da migliaia di altre società che forniscono servizi in Europa". Una decisione, quella dell'Autorità, che "costituisce un pericoloso precedente per le innumerevoli altre società che trasferiscono dati tra l'Ue e gli Stati Uniti".
La battaglia tra Unione Europea e le grandi media company americane va avanti ormai dal 2010. Tutto era cominciato dopo la denuncia dell'attivista austriaco per la privacy Max Schrems. Quest'ultimo sottolineò l'elevato rischio di spionaggio da parte degli Stati Uniti in relazione ai dati degli utenti europei. Decisive furono le rivelazioni dell'ex collaboratore dell'Agenzia per la sicurezza nazionale Edward Snowden. In seguito a tale accusa, l'Europa si attivò per indagare fino ad elevare la multa odierna.
Nel 2019, Meta ricevette una multa da 5 miliardi di dollari dalla Federal Trade Commission statunitense. Tutto per colpa dello scandalo legato a Cambridge Analytica. Le informazioni di utenti Facebook erano finite nelle mani della società inglese di elaborazione dati e profilazione degli utenti, senza che questi ultimi ne fossero a conoscenza.