La ventennale egemonia di Erdogan in Turchia potrebbe non finire in queste elezioni: il presidente uscente appare, nelle proiezioni, in netto vantaggio sul rivale Kilicdaroglu, suo sfidante al ballottaggio. Doccia fredda per chi sperava in una ventata democratica in Turchia.
Nonostante le proiezioni di voto dessero l'opposizione (capitanata dal Partito Popolare Repubblicano di Kilicdaroglu) in netto vantaggio, i risultati del primo turno di elezioni hanno infine premiato Erdogan; nessuno dei due è tuttavia riuscito a superare la fatidica soglia del 50%, che avrebbe consentito una vittoria immediata senza dovere passare al ballottaggio. L'Akp di Erdogan ci si è comunque avvicinato molto, con un 49,4%.
Pesano, secondo gli analisti, le divisioni interne all'opposizione: la cosiddetta "tavola dei sei" formata da Kilicdaroglu costituisce infatti una coalizione molto eterogenea e spesso in contrasto tra di loro. Per accontentare i suoi alleati, Kilicdaroglu ha dovuto proporre temi vagamente incoerenti con la sua posizione di base, come ad esempio il rimpatrio di milioni di siriani sfollati dal terremoto in Turchia.
Secondo le previsioni, le preferenze per Erdogan si attestano sul 53,7%, dunque ben due milioni e mezzo di voti sopra il rivale. Erdogan ha inoltre ottenuto l'endorsement di Sinan Ogan, leader di un partito di minoranza che ha ottenuto il 5% al primo turno, il che aumenterebbe ulteriormente il distacco del presidente uscente.
Erdogan controlla inoltre la maggior parte del parlamento: ben 324 seggi su 600. La colazione costituita dall'Akp, dai nazionalisti e dal Partito del Nuovo Welfare (islamista) sembra solida e conferisce dunque al presidente uscente la maggioranza dei seggi.
Sembra dunque che, nonostante l'ottimismo iniziale, l'opposizione rischierà molto seriamente la sconfitta in questa tornata elettorale. Pesano, inoltre, le accuse rivolte a Kilicdaroglu di essere collaborazionista verso il terrorismo curdo, essendo il suo popolo di origine.