La Russia chiude il consolato polacco a Smolensk, città situata sul fiume Dnepr, 362 km a sudovest di Mosca. Il Cremlino ha ordinato la chiusura della sede diplomatica in un atto di ritorsione verso presunte "azioni ostili" e anti-russe da parte di Varsavia.
Aperto nel giugno 2011, il consolato svolgeva un ruolo chiave nello sviluppo delle relazioni tra i due Paesi. Il suo lavoro era quello di ampliare i contatti umanitari russo-polacchi. La conferma sulla decisione è arrivata dal ministero degli Esteri di Mosca in una nota, nella quale viene precisato che "la presenza diplomatica russa in Polonia è stata notevolmente ridotta".
Una "la misura di ritorsione" che, sottolineano le autorità russe, "aiuterà a ripristinare la parità delle istituzioni consolari della Russia in Polonia e di quelle polacche in Russia".
Una sentenza che ha destato l'immediata replica di Mateusz Morawiecki: il premier polacco ha avvertito Putin di contromisure qualora il Cremlino proseguisse su questa strada. Il capo di governo di Varsavia ha assicurato la volontà di "rispondere a tono" in conferenza stampa.
La Polonia non è il primo Stato contro cui Putin stabilisce provvedimenti analoghi. A maggio scorso, Mosca aveva disposto l'espulsione di cinque diplomatici svedesi. Anche in questo caso l'annuncio era arrivato dal ministero degli Esteri.
L'ambasciatore svedese a Mosca aveva ricevuto una convocazione al ministero degli Esteri per "il suo comportamento conflittuale nei confronti della Russia". E così, il Cremlino aveva "ritirato il consenso all'attività del consolato generale svedese a San Pietroburgo come misura di ritorsione a partire dal 1° settembre 2023".
Prima ancora, agli albori del conflitto, la Russia aveva espulso i diplomatici di Italia, Spagna e Francia.