Il fisco italiano somiglia sempre più ad una torre di Babele, tanto caos e mille voci che rincorrono incomprensibili deleghe e pacificazioni fiscali.
Contraddizione in termini per un governo dalle grandi promesse che però non sembra aver capito bene come costruire un nuovo sistema fiscale per il nostro paese.
Protagonista assoluto di questa girandola il ministro Salvini che si è battuto fortemente il petto per la pace fiscale. Mentre con l'altra mano ha lasciato strada a quella che ad inizio luglio apriva la strada al fisco per entrare nei conti correnti degli italiani.
La notizia sulla delega fiscale non è infatti così nuova, ieri doveva essere votata in commissione al Senato dopo essere stata approvata alla Camera ad inizio luglio.
La forte opposizione dei partiti non governativi ha però generato un rinvio che rischia di far slittare il tutto a dopo la pausa estiva. Cosa che il governo non avrebbe voluto accadesse. Esiste già un forte ritardo riguardo a decine di decreti attuativi che stanno impallando i lavori parlamentari.
Questa volta però sono le opposizione a montare le barricate per un ostruzionismo ferrato: promessi centinaia di emendamenti al provvedimento.
La protesta più accesa è arrivata dal leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che ha tirato in ballo la norma del 'prelievo forzoso'. Quasi a fare le veci di quei liberali (vedi in Forza Italia), che da alleati di governo non possono essere così espliciti nel giudizio.
Nella delega è prevista la cancellazione delle cartelle, sponsorizzata come un 'liberi da cartelle' da Salvini, che però si trasforma in uno strumento che autorizza lo Stato nel prelievo diretto dai conti correnti dei contribuenti che risultano morosi.
Uno schiaffo in pieno volto per chi voleva meno Stato e meno tasse, una batosta per chi ha sempre descritto il nostro apparato come asfissiante nei confronti dei contribuenti. Praticamente la "razionalizzazione e l'automazione" non sono altro che il prelievo coatto dai conti di chi è moroso.
Una lezione di coerenza per chi invece si è sempre professato liberale ma che alla fine non ha resistito nel regalare alla macchina burocratica altri strumenti d'intervento.
Praticamente un continuo mal di testa per vuole pagare, un mal di testa che non è solo frutto del caldo che a Roma ha raggiunto i 40°. Ma che sembra generato da quell'aria rovente che sferza le sale dei palazzi della potere.
Dove politici noti e non, infuocano 'sparate' vecchie e nuove sul fisco, e paragoni impropri sul salario minimo. Per quest'estate siamo solo all'inizio.