Per gli avvocati della vittima, l'omicidio di Rovereto, a Trento, avrebbe potuto essere evitato. Sembra infatti che Mara Fait avesse più volte denunciato agli inquirenti le liti intercorse con il vicino di casa, il 48enne di origini albanesi che il 28 luglio scorso l'ha uccisa a colpi di accetta davanti agli occhi inermi della madre anziana. Secondo la pm che si sta occupando del caso, non c'erano stati, tuttavia, sentori di gravità: altrimenti, dice, sarebbero intervenuti.
I fatti risalgono alla serata di venerdì scorso. Stando a quanto ricostruito finora, Mara Fait sarebbe stata colpita con un'accetta e uccisa mentre rincasava da una passeggiata con l'anziana madre. Il killer, reo confesso, l'avrebbe aspettata dietro a una siepe: lì, dopo aver compiuto il delitto, avrebbe lanciato l'arma usata, prima di fuggire, costituirsi e raccontare tutto.
avrebbe riferito agli inquirenti Ilir Zyba Shehi, sostenendo di non ricordare molto dell'accaduto. Il 48enne, di origini albanesi, in passato era stato un affittuario della donna che, nella palazzina di via Fontana in cui viveva, possedeva altri quattro appartamenti, oltre a un quinto, venduto da poco proprio a lui. I residenti parlano di continue lite, per i motivi più svariati: dal volume troppo alto della musica al ritardo nel pagamento delle rate del condominio.
Rapporti tesi, conflittuali, che, già da un po', avevano reso l'uomo particolarmente violento. Per questo, dopo diverse denunce, la vittima aveva chiesto che fosse attivato nei suoi confronti il "codice rosso", una legge introdotta nell'ordinamento italiano a tutela delle donne e dei soggetti deboli che subiscono violenze, atti persecutori o maltrattamenti, per proteggerle. Codice che, però, non era mai stato attivato, come denunciano ora i legali della vittima, gli avvocati Flavio Dalbosco e Rosa M. Rizzi.
hanno dichiarato. Secondo loro, se fosse stata aiutata, non sarebbe stata uccisa.
è stata la risposta della pm che sta lavorando al caso, Viviana Del Tedesco, che ha aggiunto:
È ciò che gli inquirenti dovranno chiarire nelle prossime ore, cercando di ricostruire i momenti immediatamente precedenti all'omicidio. L'unica testimone oculare sarebbe la madre della vittima. Il figlio, di 30 anni, si sarebbe accorto di tutto a delitto già avvenuto: dopo aver sentito delle urla provenire dal vialetto della palazzina, si sarebbe affacciato alla finestra, notando la nonna.
Una volta sceso in strada avrebbe trovato il corpo senza vita della madre. Il killer a quel punto si era già dileguato. La 63enne, in pensione da poco più di un anno, aveva lavorato per anni come infermiera di sala operatoria presso l'ospedale di Rovereto, dove i colleghi l'apprezzavano per i suoi "nervi saldi". La sua vita si era fatta più buia dopo che i rapporti con l'uomo avevano iniziato ad incrinarsi: ne aveva paura. E anche a buon ragione, visto il tragico epilogo.
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