Situazione incandescente a Niamey, in Niger, dove migliaia di manifestanti pro-giunta si sono radunati davanti all'ambasciata francese nella capitale in una serie di vivaci proteste. "Viva Putin", "Viva la Russia", "Abbasso la Francia", gridano i manifestanti mentre alcuni cercano di sfondare l'ingresso dell'edificio e altri sostituiscono la targa con bandiere russe e nigerine.
Il golpe dello scorso 26 luglio ha destituito il presidente eletto Mohamed Bazoum, e ora si teme una nuova rappresaglia armata contro i golpisti, guidati dal capo della guardia presidenziale, Abdourahmane Tchiani. Le violenze dinanzi all'ambasciata hanno spinto il governo francese a sospendere gli aiuti al Paese, e anche l'Unione europea sta preparando sanzioni. Proprio l'interruzione degli aiuti da parte della Francia ha causato la sommossa. Il rapporto tra i due paesi è storicamente complicato in virtù del fatto che il Niger fosse una colonia francese.
La Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas) si è riunita ad Abuja per approvare un piano di aggressione contro il Niger attraverso un intervento militare imminente a Niamey, in collaborazione con altri Paesi africani e alcuni Paesi occidentali, secondo il portavoce della giunta, il colonnello Amadou Abdramane.
Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha condannato gli atti di violenza intorno all'ambasciata e ha dichiarato che non tollererà attacchi contro la Francia e i suoi interessi. La tensione è palpabile, e l'Unione africana ha dato un ultimatum ai golpisti affinché ripristinino l'ordine costituzionale entro 15 giorni.
La situazione rimane incerta, ma le pressioni internazionali sono forti. La Francia e l'Unione europea hanno sospeso la cooperazione bilaterale, mentre l'Ecowas sta considerando possibili sanzioni. Si teme un ulteriore scoppio di violenza, mentre il presidente Bazoum e il generale Tchiani, capo dei golpisti, si trovano al centro del caos politico in Niger. La comunità internazionale osserva con preoccupazione, sperando che la situazione possa trovare una soluzione pacifica e che la stabilità possa tornare nel Paese dell'Africa occidentale.