Il consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) era già stato chiamato ad esprimersi in una memoria depositata nel corso di una audizione informale, in Commissione Lavoro della Camera l'11 luglio scorso.
Chiamato ora in causa dalla premier Meloni cosa potrà formulare di più in questi 60 giorni? Il gruppo di esperti si è già espresso con una relazione corposa rispetto anche all'opportunità dello strumento del salario minimo.
Il Cnel sottolinea che "il nostro Paese è soggetto da tempo ad un problema di bassa produttività, che, a differenza di Paesi come Francia e Germania, è ferma da tempo".
Per il Cnel la questione salariale va affrontata in senso più strutturale guardando a periodi più ampi eliminando la propensione ad agire in termini emergenziali.
Al netto del lavoro che al Cnel viene concesso dalla nostra costituzione, tale riforma strutturale parte dal problema del lavoro povero. E non può prescindere dalle intenzioni ideali legittime dell'esecutivo.
Lo stesso Cnel però ribadisce come può essere opportuno vedere la questione salario da un'altra prospettiva, mettendolo in relazione con la fiscalità.
Il Cnel comunque conclude dicendo che su temi di così ampio rilievo, è opportuno che le varie parti in causa trovino un compromesso. Che sia attraverso un confronto sincero, senza che tali applicazioni decisive vengano calate dall'alto.
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