Sembra destinata a diventare un caso la fiera dedicata alle armi in corso a Londra, considerata la kermesse più grande d'Europa sul tema: a creare trambusto la protesta di diversi gruppi di attivisti contro la guerra.
I manifestanti si sono ritrovati all'esterno del padiglione dove si tiene la Dsei, acronimo che corrisponde a Defense and Security Equipment International. La contestazione è iniziata ancor prima del taglio del nastro della fiera e dodici persone sono finite in manette.
In vista dell'appuntamento annuale con l'evento, la capitale britannica era diventata punto di ritrovo per centinaia di attivisti impegnati nella protesta pacifica. Sotto la lente d'ingrandimento dei collettivi anti bellici c'è soprattutto la presenza, tra gli espositori, di alcuni Paesi nella "lista nera" del governo britannico.
Si tratta di Egitto, Bangladesh, Colombia, Iraq, Pakistan, Arabia Saudita, Turkmenistan e Uzbekistan. Tutte nazioni coinvolte in conflitti, o nelle quale i diritti umani vengono quotidianamente calpestati.
Dalla durata programmata di quattro giorni, la fiera più importante d'Europa sulle armi vedrà coinvolti oltre 1.600 espositori da tutto il mondo. Il loro proposito è quello di mostrare e vendere le ultime tecnologie del settore bellico.
Tra i presenti anche un membro del gruppo Peace Pleage Union, che ha esternato tutta la propria indignazione.
A colpire è il fatto che anche territori considerati "preoccupanti" dal ministero degli Esteri britannico siano stati comunque ammessi ad un appuntamento utile per il commercio di armi o strumenti di tortura.
Anche Amnesty International si è schierata pubblicamente sulla vicenda. L'organizzazione non governativa internazionale, impegnata nella difesa dei diritti umani, ha invitato la polizia a consentire le manifestazioni pacifiche, senza opporsi o prendere provvedimenti restrittivi.
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