È il giorno della nuova udienza del processo a carico di Alessia Pifferi, la 38enne accusata di omicidio volontario pluriaggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia di appena 18 mesi abbandonandola per giorni in casa. Davanti ai giudici della Corte d'Assise di Milano la donna ha ribadito di essersi sempre occupata della piccola "come una mamma esemplare" e di averla lasciata da sola "solo pochissime volte". Una versione dei fatti che cozza con quella delle persone chiamate a testimoniare.
ha dichiarato Pifferi rispondendo alle domande del pm Francesco De Tommasi che, fin dal ritrovamento del corpo della piccola Diana, avvenuto il 21 luglio del 2022, segue il caso. Il riferimento della 38enne è alle uscite che era solita fare nel weekend con il nuovo compagno, conosciuto su Tinder. Lo stesso che avrebbe frequentato anche nei giorni in cui la figlia di 18 mesi, abbandonata da sola in casa, era morta di stenti per la fame e la sete.
A lui aveva detto di averla lasciata al mare con la sorella. Giaceva, in realtà, nel lettino da campeggio in cui gli inquirenti l'avrebbero poi trovata, senza vita. Accanto al suo corpicino c'erano solo un biberon vuoto, una bottiglietta d'acqua e una scatola di tranquillanti. Gli stessi che ora la donna nega di aver usato o di aver somministrato alla bambina, sostenendo di averla sempre accudita "come fa una mamma esemplare".
Dalle indagini e dai racconti dei testimoni ascoltati in aula emerge tutt'altro. Preoccupata di perdere il nuovo compagno - completamente estraneo ai fatti -, Pifferi avrebbe più volte lasciato da sola la piccola Diana: la viveva come "un peso" ed era convinta che la sua presenza potesse ostacolare le sue relazioni amorose e, di conseguenza, la sua felicità. Nei rari casi in cui la portava con sé non si preoccupava di lei: piuttosto era impegnata a procacciarsi cose dispendiose, anche al costo di "vendere" il suo corpo online, come ha confessato di fare.
Appena una settimana prima della morte della piccola avrebbe raggiunto il fidanzato a Leffe, in provincia di Bergamo, a bordo di una limousine noleggiata per 536 euro. A una sua amica aveva detto che in quei giorni avrebbe battezzato la figlia. Gli agenti che per primi entrarono nella sua abitazione dopo il delitto hanno raccontato di aver notato che il frigo era vuoto ma che in compenso Pifferi possedeva almeno 30 abiti da sera diversi, a riprova del fatto che fosse molto attenta al suo aspetto fisico e poco al resto.
Secondo gli esperti che l'hanno visitata sarebbe affetta da un grave ritardo mentale. Per questo il legale che la difende, l'avvocata Alessia Pontenani, ha più volte puntato il dito contro la mamma e la sorella, accusandole di aver lasciato Diana "nelle mani di un'altra bambina". Come se dovessero aspettarsi un epilogo simile e non abbiano fatto nulla per evitarlo. Entrambe si sono costituite parte civile al processo contro la 38enne. Sostengono che non avrebbero mai pensato che la donna potesse essere un reale pericolo per la nipotina.
ha dichiarato Viviana Pifferi al termine della deposizione della sorella, aggiungendo:
A chi le ha chiesto se è vero che Alessia e sua madre non abbiano mai avuto buoni rapporti, come la donna ha dichiarato, ha risposto che "non è vero".
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