I sindacati dei lavoratori dell'ex Ilva di Taranto sono sul piede di guerra contro il governo Meloni, chiedendo con una lettera indirizzata proprio alla presidente del Consiglio una convocazione urgente e minacciando di autoconvocarsi se questa non arrivasse.
Dura presa di posizione delle sigle sindacali che rappresentano i lavoratori dell'ex Ilva di Taranto. I segretari generali di Fim Cisl (Roberto Benaglia), Fiom Cgil (Michele De Palma) e Uilm (Rocco Palombella) hanno firmato una lettera congiunta indirizzata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e ai ministri Urso (ministro delle Imprese e del Made in Italy), Pichetto Fratin (ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica), Giorgetti (ministro dell'Economia e delle Finanze), Calderone (ministro del lavoro e delle politiche sociali) e Fitto (ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNNR).
I tre chiedono una convocazione d'urgenza, minacciando di venire a Roma se la situazione non dovesse sbloccarsi.
Si tratta di una nuova iniziativa di protesta, dopo quella di giugno in cui gli operai chiedevano la deroga per la cassa integrazione, con la quale i sindacati chiedono al governo di assumersi le proprie responsabilità nei confronti dell'azienda, favorendo una svolta più che mai necessaria.
A dare origine alla protesta dei lavoratori dell'acciaieria di Taranto è stato il mancato adempimento degli impegni promessi da parte di chi gestisce l'azienda, Stato compreso, di cui il governo è chiamato a rispondere.
Il disimpegno da parte delle istituzioni nei confronti della situazione dell'ex Ilva ha determinato ulteriori rischi per i lavoratori. L'azienda, denunciano i sindacati nella lettera alla premier Meloni, si trova, infatti, in uno stato di declino e abbandono e questo facilita gli incidenti che mettono a repentaglio la sicurezza degli operai, come l'incendio di fine agosto che, per fortuna, non ha avuto conseguenze.
Toni durissimi, dunque, di fronte ai quali resta da capire quale sarà la reazione del governo e della presidente Meloni, costretta a fare i conti con una situazione molto complessa e non più rimandabile.