Procedono serrate le indagini per fare luce sull'incidente che a Mestre, vicino Venezia, ha strappato alla vita 21 persone, ferendone 15. La prima perizia riguarderà la scatola nera del bus elettrico precipitato dal cavalcavia, i filmati delle telecamere interne al mezzo e lo smartphone in uso all'autista Alberto Rizzotto, il cui nome figura tra quello delle vittime. Nel mirino degli inquirenti sono finiti, al momento, i resti del bus e del guardrail che costeggiava il tratto di strada interessato dal sinistro.
Stando a quanto ricostruito finora, il bus elettrico partito da Venezia e diretto a Maghera non si sarebbe scontrato con alcun veicolo, prima di sfondare il guardrail e precipitare da un cavalcavia a Mestre, incendiandosi. Ciò che è certo è che per ben 50 metri, prima dell'incidente, avrebbe affiancato - a velocità moderata e senza mai frenare - il guardrail della strada interessata.
Guardrail che ora presenterebbe ben 27 segni di colluttazione con il mezzo. Nelle prossime ore sarà analizzato insieme alla scatola nera estratta dall'autobus della società "La Linea", le telecamere interne al mezzo e lo smartphone dell'autista, morto insieme ad altre 20 persone, tutti turisti. Una perizia finalizzata a ricostruire la dinamica dell'accaduto: si cercherà di capire se il bus avesse dei guasti e quali fossero le condizioni del guardrail, già oggetto di severe valutazioni negli anni passati.
Non è escluso che, in questa fase, la pm Laura Cameli - che coordina le indagini per omicidio stradale plurimo - decida di iscrivere i primi nomi sul registro degli indagati: coloro che avrebbero dovuto occuparsi del controllo e della manutenzione del tratto di strada. Tutte ipotesi, per il momento. Come resta un'ipotesi quella del malore accusato dall'autista che era alla guida, un "guidatore esperto", la cui salma nelle scorse ore è stata sottoposta ad autopsia. I risultati non sono ancora stati resi noti.
Mentre si cerca di fare luce sull'incidente, da domani, domenica 8 ottobre, dovrebbe intanto iniziare il rimpatrio delle salme.
aveva fatto sapere ieri ai giornalisti il prefetto di Venezia, Michele Di Bari. A perdere la vita, oltre ad Alberto Rizzotto, sono stati 20 turisti, di cui due bambini. 15 i feriti, le cui condizioni, secondo l'Ansa, restano stabili: 9 sarebbero ricoverati in terapia intensiva, 5 in reparti chirurgici, 1 in pediatria. Oltre a loro, avrebbero avuto bisogno di accertamenti anche i comuni cittadini e i soccorritori intervenuti negli attimi immediatamente successivi alla strage, che ora farebbero fatica a dimenticare le scene che hanno visto, dicendosi disorientati e provati.
Alcuni di loro, dopo aver assistito alla caduta del bus, non avevano tentennato neanche un momento: scesi dalle proprie autovetture, erano corsi ad aiutare i sopravvissuti. Tra loro c'era Bujar Bucaj, un cittadino di origine kosovara che vive in Italia da 25 anni. Senza scrupoli, dopo l'incidente, l'uomo aveva lasciato il bar in cui si trovava, vicino alla stazione ferroviaria di Mestre e, scavalcando le recinzioni, era arrivato sul luogo del sinistro, salvando due bambini rimasti imprigionati tra le lamiere.
Intervistato, aveva dichiarato di essere rimasto scandalizzato dalla quantità di persone che, invece che intervenire, si era fermata solo per scattare foto e girare video, senza rendersi conto della gravità della situazione. Situazione che ricorda molto quella seguita all'incidente ferroviario di Brandizzo, costato la vita ai cinque operai della Sigifer di Borgo Vercelli impegnati nella manutenzione e sostituzioni di alcuni binari. In quel caso l'analisi della scatola nera del treno coinvolto ha permesso di scagionare il macchinista alla guida.