In Israele, "almeno tre ministri" sarebbero tentati dalle dimissioni in contrasto con il premier Benyamin Netanyahu. A riportarlo il quotidiano Yedioth Ahronoth.
Un provvedimento forte che, a detta dei funzionari del governo di Tel Aviv, sarebbe finalizzato a spingere il primo ministro ad assumersi pubblicamente le proprie responsabilità in relazione all'attacco a sorpresa sferrato da Hamas lo scorso 7 ottobre.
Lo stesso media cita un sondaggio di opinione, secondo cui la responsabilità dell'attacco, e soprattutto quella dell'impreparazione del Paese, è addossata a Netanyahu dal 75 per cento degli israeliani. Il giornale sottolinea anche che sarebbero in corso tensioni fra Netanyahu e l'esercito.
In merito all'attacco di Hamas, nel quale hanno perso la vita circa 1.400 persone con almeno 200 ostaggi, hanno già fatto pubblica ammenda il capo di Stato maggiore delle Forze di difesa israeliane (Idf), il generale Herzi Halevi, e il capo dello Shin Bet, Ronen Bar. Stesso discorso per i ministri della Difesa Yoav Gallant e delle Finanze Bezalel Smotrich.
Una delle poche cariche di spicco a non esprimersi finora è stato proprio Netanyahu. Persino uno dei suoi predecessori, l'ex primo ministro israeliano Naftali Bennett, ha rivelato oggi, lunedì 23 ottobre, al Times of Israel di sentirsi anche lui responsabile per l'accaduto.
Cinque giorni dopo l'esplosione nell'ospedale di Gaza, che ha provocato la morte di centinaia di persone, rimangono ancora dei dubbi sulla responsabilità del massacro. La stessa Hamas non sarebbe ancora riuscita a reperire le prove necessarie della colpevolezza israeliana.
Lo riporta il New York Times: secondo il quotidiano statunitense, l'organizzazione si rifiuta di fornire dettagli. Il mistero si infittisce considerando le versioni discordanti della stessa Hamas sull'effettivo bilancio delle vittime. Sollecitati dal Nyt, i paramilitari si sono rifiutati di far visionare qualsiasi prova sulle munizioni usate per attaccare l'ospedale.