Andrà a processo immediato, saltando la fase dell'udienza preliminare, Taulant Malaj, l'uomo di nazionalità albanese accusato di aver ucciso la figlia di 16 anni e il vicino di casa Massimo De Santis e di aver tentato di uccidere, colpendola con numerose coltellate, la moglie Tefta, davanti agli occhi del figlio di soli 5 anni. È successo a Torremaggiore, in provincia di Foggia, lo scorso maggio.
La prima udienza del processo a carico del 45enne si terrà il prossimo 29 dicembre. L'uomo, di nazionalità albanese, dovrà rispondere davanti ai giudici della Corte d'Assise di Foggia delle accuse di duplice omicidio pluriaggravato e di tentato omicidio pluriaggravato.
Il 7 maggio scorso uccise il vicino di casa 51enne Massimo De Santis e la figlia Jessica, di appena 16 anni, a Torremaggiore, nel Foggiano. Era convinto che la moglie Tefta lo tradisse con il commerciante, incensurato: dopo aver riversato la sua furia contro di lui, lasciandolo a terra inerme nell'androne del condominio in cui entrambi vivevano, era passato alla donna, colpendola con diverse coltellate.
Poi la figlia della coppia si era messa in mezzo, per proteggere la madre. Lui l'aveva uccisa, davanti agli occhi inermi del fratellino più piccolo, rimasto sotto shock. Una vera e propria strage, che aveva ripreso con il telefonino.
diceva nel breve video girato dopo la mattanza, inviato a un connazionale online, mostrando i corpi delle vittime. Una volta rintracciato e arrestato, l'uomo era stato trasferito in caserma e, interrogato, aveva subito ammesso le proprie responsabilità, dicendosi preoccupato per le condizioni di salute della figlia, che era morta durante il trasporto d'urgenza in ospedale.
Aveva detto di aver perso la testa perché le liti con la moglie erano diventate continue: lui avrebbe voluto separarsi - aveva sostenuto -, ma la moglie non era d'accordo e gli aveva chiesto di restare a casa, per il bene dei figli. Una versione dei fatti che la donna, sopravvissuta alle lesioni, ha sempre smentito.
Intercettata dai microfoni dei giornalisti a pochi giorni dall'uccisione della figlia, Tefta aveva raccontato cose orribili sul marito, sostenendo che fosse solito abusare della 16enne e che avesse acquistato i coltelli usati per ucciderla qualche giorno prima, di fronte alle sue minacce di denuncia.
Ci si chiede se non avesse premeditato tutto, programmando il gesto estremo per sfuggire all'ipotesi che la moglie rendesse pubbliche le violenze a cui aveva sottoposto la figlia, che a quel punto, già da un po', si rifiutava di averlo in casa.
Tefta non l'avrebbe cacciato perché lo temeva: in cuor suo sapeva che sarebbe potuto arrivare a tanto. Se l'avesse contraddetto, avrebbe ucciso lei e la figlia - come ha tentato di fare - molto tempo prima. I legali che lo difendono, gli avvocati Antonio Laronga e Sabrina Cicala, dicono il contrario e cioè che l'uomo era molto legato alla 16enne e mai avrebbe potuto farle del male.
Quella sera ce l'aveva con la moglie, dopo averla sorpresa a chattare con il vicino di casa mentre erano a letto (particolare che lei ha sconfessato): avrebbe atteso che l'uomo rientrasse dal bar che gestiva per coglierlo di sorpresa e, al culmine di una lite, avrebbe afferrato il coltello e l'avrebbe colpito. Poi, tornato a casa, avrebbe messo a punto il secondo omicidio.
Parlavamo della vicenda e della testimonianza di Tefta in questo articolo: Jessica Malaj, parla la madre: Dissi a mio marito che l’avremmo denunciato per gli abusi. Lui comprò i coltelli