Carceri sempre più come tombe, dopo la notizia di un altro detenuto morto per suicidio nella prigione di Udine. Un'ecatombe che certifica per l'ennesima volta il problema, denunciato da più parti, delle condizioni in cui versano le persone rinchiuse nelle strutture di correzione italiane.
Una tragedia che sembra ormai fuori controllo. Quella dei suicidi nelle carceri italiane assomiglia sempre più a una piaga che il nostro Paese non sa come affrontare.
Segnalata da più parti con toni sempre più apocalittici, come quelli usati dalla Presidente della Corte Costituzionale, Silvana Sciarra, allo scorso meeting di CL a Rimini, questa situazione conosce ora un nuovo, drammatico aggiornamento con l'ennesimo suicidio avvenuto all'interno di una struttura di correzione italiana.
È avvenuto a Udine, nel carcere di via Spalato. La vittima è un uomo di 64 anni e a colpire è il fatto che il detenuto fosse rinchiuso nella prigione da soli 6 giorni. Un tempo brevissimo che, però, è evidentemente bastato per far sopraggiungere una disperazione tale da condurre al gesto estremo.
Quello nella struttura di Udine è il 59mo caso di suicidio dall'inizio del 2023 in Italia. Numeri che testimoniano uno dei periodi più drammatici vissuti dal sistema carcerario italiano.
Sulla vicenda è intervenuto Franco Corleone, garante dei diritti detenuti del Comune di Udine, che ha richiamato l'attenzione sul cambiamento necessario da imprimere all'intero processo di pena e reclusione, annunciando anche un progetto di ristrutturazione per il carcere.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha recentemente approvato uno stanziamento di 166 milioni per un piano di ristrutturazione per le carceri italiane. Un segnale ai sindacati di polizia e alle associazioni che reclamano maggiore tutela dei diritti di chi vive all'interno delle case di pena, siano carcerati o agenti.