La sorte dei 240 ostaggi rapiti da Hamas lo scorso 7 ottobre è ancora avvolta nel mistero e le forze militari israeliane dovranno, oltre ad eradicare per sempre la minaccia dei terroristi palestinesi, pensare anche a salvare i loro connazionali.
I familiari delle persone rapite, però, da settimane hanno nel mirino il governo politico di Israele, che ha spostato tutta la sua retorica su toni bellicosi, quasi sprezzante verso la sorte dei loro concittadini rapiti. Oggi 20 novembre alla Knesset, il parlamento israeliano, i familiari si sono presentati con una forte richiesta: "No alla pena di morte per i terroristi".
Oggi 20 novembre la Knesset ha aperto le proprie porte ai famigliari di tutte quelle persone, donne, uomini, anziani ed anziane, bambini ed adolescenti che Hamas vuole usare come moneta di scambio verso un possibile cessate il fuoco. La situazione in Israele è, a tal proposito, precaria: il governo di Netanyahu ha sempre posto come punto fermo la cancellazione di Hamas prima ancora della sorte degli ostaggi.
Ogni forma anche embrionale di pause umanitarie o di cessate il fuoco erano state quindi cassate, generando una grande preoccupazione nei familiari. Più passa il tempo, è il loro ragionamento, più c'è il rischio che molti degli ostaggi muoiano nei combattimenti o vengano spostati in luoghi ancora non scoperti dall'esercito israeliano.
Su pressione di Stati Uniti e Qatar si cerca di capire se è possibile una qualche tregua per rilasciare gli ostaggi. Alla presenza del Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir i loro familiari hanno formulato una richiesta che suona anche come una critica al governo: non promuovere la legislazione sulla pena di morte per i terroristi.
Come ha affermato il portavoce dei familiari, Noam Dan: