Riflessioni sul femminicidio dopo l'uccisione di Giulia Cecchettin. Giornalisti e commentatori si sono espressi in questi giorni sull'omicidio della 22enne veneta da parte dell'ex fidanzato Filippo Turetta. Abbiamo riassunto il pensiero di alcuni tra i principali editorialisti.
Loredana Lipperini evidenzia un collegamento tra l'odio esposto online e la violenza effettiva offline, sottolineando l'importanza di affrontare e intervenire su questa connessione. In un articolo pubblicato su La Stampa, si chiede se questa correlazione abbia qualche relazione con la tragica morte di Giulia Cecchettin.
Lipperini solleva una critica nei confronti dei social media. "Questa mattina, Facebook mi ha bloccato per aver condiviso un post rilasciato da Stephen King nel 1998, interpretato come un 'incitamento all'odio'. In questo estratto censurato, King, noto per aver affrontato la violenza contro le donne in molte delle sue opere, menzionava la propensione degli uomini alla violenza", afferma la giornalista. Sottolinea l'impatto della violenza online sulle donne, citando il lavoro significativo di due sociologhe, Lucia Bainotti e Silvia Semenzin, che da anni indagano il legame tra odio online e violenza nella vita reale. Lipperini evidenzia che le donne, specialmente se attive come figure politiche, giornaliste o attiviste, sono spesso le prime a subire attacchi, minacce e umiliazioni sul web.
Poi si rivolge al mondo della politica. "È essenziale mantenere i 17 milioni di fondi per la prevenzione della violenza di genere, recentemente ridotti a soli 5 milioni. È altrettanto importante che le due figure femminili di spicco nella politica italiana, Giorgia Meloni ed Elly Schlein, si impegnino al massimo per far avanzare il disegno di legge sulla violenza di genere, attualmente bloccato al Senato. È fondamentale avere una normativa che promuova l'educazione sentimentale nelle scuole."
Concita De Gregorio, dal canto suo, riflette sul sottile confine tra controllo e sopraffazione. Nel caso dell'ex fidanzato di Giulia, accusato di tentato omicidio, emerge il desiderio che lei non ottenesse la laurea prima di lui. Questo solleva una domanda importante: "Alle ragazze si insegna la frustrazione delle aspettative sin dall'infanzia. E ai ragazzi?". Questo interrogativo della giornalista e scrittrice suggerisce la necessità di esaminare attentamente le dinamiche sociali che contribuiscono alla violenza e alla percezione delle donne come figure che dovrebbero sempre rimanere in secondo piano.
L'omicidio di Giulia Cecchettin spinge inevitabilmente a porci domande e a cercare risposte immediate, questioni che non possono e non devono essere ignorate. Diversi intellettuali della nostra società analizzano gli spazi sociali che promuovono o tollerano la violenza, contribuendo a coltivare nelle donne l'idea che debbano rimanere costantemente un passo indietro. Alcuni approfondimenti mettono in luce la presunta malattia dell'essere maschio e sottolineano l'esistenza persistente di un patriarcato che, sebbene non sia più legittimato dalla legge, resta radicato nell'atteggiamento di molti uomini che vivono nella nostra stessa realtà.
Michele Serra, su La Repubblica, afferma che per alcuni il concetto di essere uomini è una sorta di malattia. "La consapevolezza che ogni donna sia un individuo a sé stante li terrorizza" scrive. "Il controllo sulle donne, ossessione millenaria della società patriarcale, non è più sostenuto dalla legge: almeno nel cosiddetto Occidente, il patriarcato potrebbe sembrare un'istituzione defunta. Ma la sostanza, no, non lo è. Gli uomini, privati del loro potere istituzionale sulle donne, si aggrappano alla forza fisica per disperazione. Minacciano, urlano, picchiano e uccidono" prosegue Serra. L'autore afferma che molti uomini, ancora oggi, interiorizzano i concetti patriarcali e trovano nell'adesione a queste regole il loro unico modo di interagire con le donne.