Prenderà il via il prossimo 10 gennaio a Torino il processo d'Appello a carico di Giuseppe Aiello Proietto, già condannato a 16 anni di carcere per l'omicidio di Alberto Favarelli, portiere dell'hotel Londra. I fatti risalgono alla notte tra l'8 e il 9 maggio del 2022.
A dare l'allarme, chiamando i carabinieri, era stato un 25enne originario di Frosinone che in quel periodo abitava in via Cavallotti, ad Alessandria. Affacciandosi dalla finestra del suo appartamento, il ragazzo si era reso conto di non vedere più la sua auto, lasciata nel parcheggio adiacente all'abitazione.
Quando era sceso per controllare, si era accorto che qualcuno aveva provato a rubargliela, abbandonandola a circa 100 metri di distanza. Nel percorrere a piedi quel tratto di strada, era passato davanti all'hotel Londra, notando il corpo di una persona riverso a terra.
Era quello di Alberto Favarelli, il portiere 69enne della struttura, morto dopo essere stato colpito al cranio prima a mani nude, poi con una statuetta etnica e un vaso in ceramica da Giuseppe Aiello Proietto, di 47 anni.
I militari lo avevano fermato all'interno dell'hotel dopo aver effettuato un primo sopralluogo e aver escluso la pista di una rapina finita male. Il giorno dopo l'uomo aveva confessato di aver ucciso il portiere "perché aveva sentito delle frequenze negative".
In primo grado Proietto è stato condannato a 16 anni di carcere e 5 di Rems perché ha potuto accedere al rito abbreviato (che comporta lo sconto di un terzo della pena, in caso di condanna). I giudici avevano infatti accolto la richiesta della sua difesa, rappresentata dall'avvocato Luca Tommaso Calabrò, di non riconoscergli l'aggravante dei futili motivi.
Secondo la Corte, in pratica, "si deve ritenere che abbia ucciso senza alcun apparente motivo", a causa delle sue "condizioni psichiche, correlate a un conclamato abuso prolungato di sostanze stupefacenti". A gennaio si procederà con il processo d'Appello. Il suo legale difensore aveva fatto sapere di "confidare in una riforma in punto pena". A riportarlo è La Stampa.
Il Codice di procedura penale italiano prevede che "chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere e di volere, risponde del reato commesso, ma la pena è diminuita".
Diverso è il caso in cui l'autore di un reato sia riconosciuto totalmente incapace: in quel caso, infatti, la persona viene assolta, perché per legge non è imputabile. Nel primo caso si ricorderà la storia di Alberto Scagni, condannato a 24 anni e 6 mesi di carcere (e non all'ergastolo) per l'omicidio della sorella Alice, consumatosi a Quinto, Genova, il primo maggio del 2022.
Ma ci sono anche casi di persone accusate di reati gravi e mai condannate. Si pensi a Gianluca Ciardelli, il giornalista romano finito a processo per aver ucciso la moglie Lorella Tomei nell'abitazione in cui vivevano, a Balduina, e assolto perché giudicato totalmente incapace di intendere e di volere dai periti che lo hanno visitato.
O, ancora, si pensi a Silvana Erzemberger, accusata dell'omicidio del vicino di casa Luigi Casati, consumatosi a Treviglio, in provincia di Bergamo, il 28 aprile 2022, anch'essa assolta. La donna, oggi 71enne, era uscita di casa e aveva sparato quattro colpi di arma da fuoco contro la vittima, uccidendola. Gli attimi successivi all'omicidio furono catturati in un video che fece il giro del web.