Lo scorso settembre il Tribunale di Perugia aveva assolto "per non aver commesso il fatto" Patrizia Pinheiro, la transessuale brasiliana finita a processo per l'omicidio preterintenzionale di Samuele De Paoli, trovato morto nell'aprile del 2021 in un canale di scarico di Sant'Andrea delle Fratte, una piccola frazione del comune di Perugia. Come da prassi, a due mesi dalla sentenza, sono state ora depositate le motivazioni.
si legge nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso settembre i giudici hanno assolto la transessuale di origini brasiliane Patrizia Pinheiro, finita a processo per l'omicidio preterintenzionale del 22enne Samuele De Paoli, originario di Bastia Umbra ed ex calciatore della squadra della sua cittadina.
La donna, in pratica, avrebbe agito per legittima difesa e senza eccesso colposo, con l'intento di liberarsi dal suo aggressore: mentre lui la opprimeva con il suo corpo all'interno dell'abitacolo della sua auto, lei gli avrebbe stretto una mano attorno al collo, partecipando alla serie di concause (tra cui l'assunzione di alcol e droga) che ne avrebbe causato la morte.
Era l'aprile del 2021. Il giorno successivo il ragazzo era stato trovato cadavere in un canale di scarico di Sant'Andrea delle Fratte, una piccola frazione del comune di Perugia. Nel corso delle indagini erano emerse le responsabilità dell'imputata, l'ultima a vederlo vivo.
Quando era stata iscritta nel registro degli indagati, agli inquirenti aveva ammesso solo di averlo incontrato, non di averlo ucciso. "Quando me ne sono andata era a terra, nudo, senza forse ma vivo [...]. Secondo me stava morendo per overdose", aveva detto.
Al termine del processo con rito abbreviato - apertosi dopo una prima richiesta di archiviazione del caso - il procuratore generale Sergio Sottani aveva chiesto per la 47enne sei anni di reclusione e l'espulsione dall'Italia per omicidio preterintenzionale.
La famiglia di De Paoli, assistita dall'avvocato Marilena Mecchi, aveva invece chiesto una condanna per omicidio volontario e, solo in subordine, per omicidio preterintenzionale. Dopo la lettura della sentenza di assoluzione, così come la madre del 22enne, Sonia Sonica, il legale aveva fatto sapere che avrebbero continuato a combattere per la giustizia.
Diversamente è accaduto nel caso di Alex Pompa, che ha da poco cambiato cognome in Cotoia, prendendo quello della madre. Il giovane, oggi 21enne, era stato assolto per legittima difesa per l'omicidio del padre, consumatosi la sera del 30 aprile del 2020 a Collegno, in provincia di Torino.
In secondo grado, invece, è stato condannato a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni di carcere. Un finale che era stato predetto dal suo avvocato, Claudio Strata, quando i giudici avevano deciso di rinviare gli atti del processo alla Consulta, spiegando di non condividere l'esito del primo grado, ma di voler comunque concedere al giovane le attenuanti, nonostante avesse ucciso un congiunto (come in effetti è accaduto).
Un finale che ha comunque addolorato la madre e il fratello, che si aspettavano un'assoluzione. Le loro dichiarazioni saranno ora oggetto di verifiche da parte della Procura, che dovrà capire se abbiano cercato di "aiutare più del dovuto" il 21enne, che ha sempre sostenuto di essersi scagliato contro il padre per salvare sé stesso e i suoi familiari.