Si aprirà il prossimo 7 febbraio il processo per omicidio a carico di Mohamed Gaaloul, il 30enne di origini tunisine gravemente indiziato di aver ucciso, dopo un tentativo di approccio sessuale, la 32enne Alice Neri, trovata morta carbonizzata nel bagagliaio della sua auto a Fossa di Concordia, nel Modenese, il 18 novembre del 2022. La sua difesa, rappresentata dall'avvocato Roberto Ghini, ha intanto nominato dei consulenti per simulare il delitto in laboratorio.
Con la simulazione, effettuata seguendo la tecnica nota come Bpa (Bloodstain Pattern Analysis) - che, attraverso lo studio degli schizzi di sangue rinvenuti sulla scena di un crimine consente di ricostruire l'evento -, la difesa di Mohamed Gaaloul punta a dimostrare la stranezza del fatto che sul borsello dell'uomo non siano state riscontrate tracce ematiche.
Secondo la consulente di parte, la dottoressa Raffaella Sorropago, nominata dalla Procura anche nel caso Pozzolo, vista la quantità di sangue presente sulla scena del crimine, il 30enne di origini tunisine avrebbe inatti dovuto sporcarsi o quantomeno cancellare, in un secondo momento, ogni traccia. Cosa per la quale avrebbe dovuto attrezzarsi, indicando di aver premeditato il delitto,
riporta Il Resto del Carlino. L'obiettivo è ridimensionare la posizione dell'imputato che, secondo la pubblica accusa, avrebbe brutalmente pugnalato la giovane mamma dopo averla conosciuta in un bar e averle chiesto un passaggio, tentando un approccio sessuale. Poi ne avrebbe bruciato il cadavere con dell'olio esausto e della benzina, riducendolo a uno scheletro.
Un punto di vista diverso rispetto a quello della difesa del 30enne, che si è sempre dichiarato innocente. Lo aveva spiegato bene, nel corso di un'intervista rilasciata a Tag24, l'avvocato Ghini, secondo cui le indagini avrebbero tralasciato diversi aspetti, fossilizzandosi su Gaaloul ed evitando di vagliare piste alternative meritevoli di attenzione.
Una tesi condivisa anche dall'avvocato che assiste il marito della vittima, l'ex pm Antonio Ingroia, che aveva avanzato dei dubbi sulla ricostruzione proposta dalla Procura, puntando il dito, in particolare, contro il cosiddetto "terzo uomo", un collega di lavoro di Alice Neri mai indagato.
L'uomo era stato tirato in ballo dalla testimonianza di una persona che agli inquirenti aveva riferito di averlo visto litigare animatamente con la 32enne di Ravarino almeno due volte, nelle settimane precedenti alla sua morte. Sembra che si fossero frequentati e che poi lei avesse deciso di interrompere la loro relazione. Lui, a quel punto, si sarebbe fatto sempre più "ossessivo" e addirittura, in diverse occasioni, l'avrebbe seguita. Interrogato, aveva detto di avere un alibi. Secondo Ingroia, un alibi "molto fragile".
"Vorrei chiarire una cosa - ci aveva detto -: noi non abbiamo abbiamo voluto puntare l’indice accusatore nei confronti di lui, come non lo abbiamo puntato nei confronti di Gaaloul. La Procura ha ritenuto di puntarlo su Gaaloul e basta, noi invece riteniamo che bisognava prima completare le indagini e poi tirare le somme. A mio parere c’è stata una certa precipitazione, che rischia di nuocere alle ragioni della verità.
Secondo l'avvocato Cosimo Zaccaria, che invece assiste i genitori della vittima, le prove finora raccolte contro Gaaloul sarebbero già abbastanza per condannarlo. Lo decideranno i giudici della Corte d'Assise del tribunale di Modena, davanti ai quali l'uomo dovrà comparire a partire dal 7 febbraio prossimo, data dell'avvio del processo a suo carico. È accusato di omicidio volontario aggravato e distruzione di cadavere, reati per cui era stato fermato in Francia e poi estradato in Italia.