Ci sono storie avvolte dal mistero, che anche dopo tanti anni restano – per chi semplicemente le ascolta o per chi le vive – colme di interrogativi, come quella di Ciccio e Tore, i due fratelli di Gravina in Puglia, a Bari, scomparsi nell’estate del 2006 e trovati morti due anni dopo all’interno di una cisterna della casa delle cento stanze. Una storia impressa nella mente di molti, che non ha mai trovato una vera spiegazione e su cui, secondo qualcuno, si dovrebbe tornare ad indagare.
Francesco e Salvatore Pappalardi, di 13 e 11 anni, vivono insieme al padre Filippo. I genitori sono separati da tempo, ma solo da poco il Tribunale per i minorenni ha deciso di affidarli all’uomo, che da un po’ vive insieme alla compagna Maria, le due figlie adolescenti di lei e una bimba di 3 anni nata dalla loro unione.
È il 5 giugno del 2006. Ciccio e Tore, come li chiamano tutti, escono di casa per andare a giocare, come fanno sempre. La sera, però, non tornano: il padre, preoccupato, ne denuncia la scomparsa. Le ricerche partono subito serrate. Pian piano le ore e i giorni passano, le speranze di trovarli si affievoliscono e a Gravina in Puglia si inizia a parlare di pedofili, di orchi che rapiscono i bambini.
Poi succede qualcosa. Gli inquirenti iniziano ad indagare su Filippo Pappalardi. Scoprono che la sera del 5 giugno il suo telefono cellulare era rimasto spento e che dei ragazzini che avevano giocato insieme ai due bambini li avevano visti allontanarsi a bordo dell’auto dell’uomo, che poco prima li aveva rimproverati di essersi bagnati con i gavettoni.
Il 27 novembre del 2007, al termine di lunghe indagini, Pappalardi viene arrestato con l’accusa di duplice omicidio aggravato e di occultamento di cadavere: gli inquirenti si sono convinti che abbia ucciso i figli e ne abbia nascosto i corpi. Nell’annunciare la notizia, il procuratore capo di Bari Emilio Marzano dichiara:
L’ipotesi è che i due gli abbiano disobbedito e che lui, perdendo le staffe, li abbia colpiti a morte. L’uomo, però, si dichiara innocente. E lo è. Lo si scoprirà solo qualche tempo dopo.
Il 25 febbraio del 2008 il piccolo paese di Gravina viene scosso da una nuova tragedia. Michele Di Nardo, di 12 anni, sta giocando insieme agli amici nella casa delle cento stanze, il rudere abbandonato che un tempo era stato la dimora della famiglia Pellicciari, quando, correndo, cade in un pozzo, precipitando per decine di metri e atterrando sulla pietra nuda.
Un bambino se ne accorge e dà l’allarme. Sul posto arrivano i vigili del fuoco. Quando riescono a calarsi tra le mura, mettendo in salvo Michelino, gli uomini dei soccorsi fanno la terribile scoperta: sul fondo del pozzo ci sono due cadaveri mummificati di piccole dimensioni. Accanto dei giubbotti e delle scarpe. Sulle pareti circostanti decide e decine di graffi.
L’autopsia conferma il sospetto di tutti: quei corpi appartengono a Francesco e Salvatore Pappalardi, i fratellini scomparsi due anni prima. La posizione di Filippo Pappalardi a quel punto cambia. A marzo l’uomo viene scarcerato e messo ai domiciliari: pur essendo stato scagionato dall’accusa di omicidio (visto che sui corpi dei due bambini non erano stati trovati segni di maltrattamenti), gli inquirenti pensano che sappia comunque più di quello che dice e lo ritengono colpevole di abbandono di minore o persona incapace aggravato da morte successiva.
Solo il 4 aprile successivo tornerà definitivamente libero, venendo prosciolto. L’inchiesta a suo carico sarà archiviata nel luglio del 2009. Il suo avvocato, Angela Aliani, chiederà allora di risarcirlo per l’ingiusta detenzione e per i danni esistenziali subiti, con una somma totale di 65 mila euro.
Su cosa sia accaduto ai due fratellini sono tanti, però, gli interrogativi ancora aperti. Secondo gli esperti Ciccio sarebbe morto per primo, a causa dell’emorragia provocata dalla caduta; Tore gli sarebbe sopravvissuto per almeno due giorni, morendo, infine, di stenti, per il freddo e la fame. Significa che nessuno ha sentito le loro urla, che nessuno è andato a cercarli.
Possibile, però, che fossero soli? I genitori Filippo e Rosa credono di no e più volte, nel corso di questi lunghi anni, hanno chiesto alla Procura di tornare ad indagare, di riascoltare i ragazzini che dicevano di aver giocato insieme ai figli, per capire se sapessero qualcosa e l’abbiano taciuto. Il sospetto è che sia stato consigliato loro il silenzio. Che dopo aver sfidato i due fratellini a una prova di coraggio, vedendoli cadere siano scappati, confessando l’accaduto ai genitori e poi fingendo di non sapere.
L’ultima inchiesta aperta per fare luce sul caso, nel 2012, è stata archiviata. In molti, nel frattempo, si sono chiesti se Ciccio e Tore avrebbero potuto salvarsi, se ad ucciderli non sia stata l’omertà di alcuni dei cittadini di Gravina, più che la caduta. Come siano davvero andate le cose, infatti, non si sa.
Di recente la Corte d’Appello di Bari, confermando la sentenza emessa in primo grado nel settembre del 2021, ha negato il risarcimento che la madre e la sorella dei bambini, attraverso i loro legali, avevano chiesto al Comune di Gravina e all’Edilarco, la società proprietaria dell’immobile delle cento stanze, che avrebbe dovuto assicurarsi di tenerlo chiuso. Per la giustizia la morte dei ragazzini sarebbe dipesa da un caso fortuito.
Una conclusione semplicistica, secondo i familiari. Accanto all’indignazione c’è la volontà di non mollare. Andremo in Cassazione e se ci saranno i presupposti ci rivolgeremo anche agli organi sovranazionali, perché il caso di Ciccio e Tore rimane ancora oggi un mistero, aveva assicurato l’avvocato Bagnulo a Tag24.
Torneranno a parlare del caso Fabio Camillacci e Gabriele Raho nella prossima puntata di Crimini e Criminologia, in onda domenica 14 gennaio. Ospite dalle 22.30 su Cusano Italia Tv (canale 122 del digitale terrestre) il giornalista Mauro Valentini, che insieme all’ex generale del Ris Luciano Garofano è autore del libro Ciccio e Tore. Il mistero di Gravina che, secondo qualcuno, potrebbe portare alla riapertura delle indagini.