All’indomani dell’elezione di William Lai c’è grande attenzione sui possibili conflitti che si possono innescare con la Cina. Ci sarà il rischio di una nuova crisi dei chip?
I risultati delle elezioni a Taiwan svoltesi il 13 gennaio sono oggetto di attenzione da parte degli investitori e non solo. La comunità internazionale teme che possano insorgere conflitti con la Cina e ciò possa avere ripercussioni sui flussi commerciali e sul sistema economico internazionale.
In fin dei conti, Pechino è da tempo che ripete ed insiste di voler procedere alla riunificazione, inviando anche truppe armate sull’isola indipendente. Quali potrebbero essere le conseguenze economiche a livello mondiale? Le tensioni tra Cina e Taiwan potrebbero innescare la guerra dei chip? Per rispondere a queste domande cerchiamo di fare chiarezza.
Per rispondere al quesito sulla possibile crisi dei chip all’indomani delle elezioni a Taiwan, è bene chiarire la situazione geopolitica. Taiwan è un’isola indipendente e viene difesa e sostenuta politicamente dagli USA. Per questo, l’invio delle truppe cinese sull’isola potrebbe scatenare una guerra di vasta portata.
La vittoria del Partito progressista democratico punta a mantenere lo status quo a Taiwan e a mantenere un buon dialogo con il governo pechinese. Non ci sarà alcuna unificazione con la Cina, ma non ci sarà alcuna dichiarazione di indipendenza da parte dell’isola: Pechino deve accettare l’esistenza di due realtà differenti e separate.
Nell’isola indipendente di Taiwan si produce oltre il 60% dei chip mondiali e l’economia dei semiconduttori più avanzati del pianeta pesa sul PIL nazionale. Questo business ha attirato l’attenzione degli investitori stranieri, in particolare i capitali degli investitori giapponesi, americani e tedeschi.
Nonostante ciò, Taiwan rimane la sede produttiva dove continuare a produrre chip: è proprio sull’isola indipendente che si trova la manodopera più qualificata e specializzata nella produzione dei chip. In altri termini, si può dire che Taiwan ha il vantaggio competitivo di lungo termine sul business dei chip.
Le elezioni a Taiwan hanno attirato l’attenzione della stampa internazionale e di tutta la comunità globale. Perché questo interesse? Una possibile guerra sull’isola indipendente potrebbe avere un impatto economico elevato a livello planetario dato che Taiwan possiede un vantaggio competitivo nel business dei microchip.
Oltre a questo, bisogna considerare anche lo stretto di Taiwan, che in caso di conflitto bellico verrebbe chiuso al passaggio delle navi mercatili. Una nuova crisi dei microchip e dei flussi commerciali, che si andrebbe a sommare alla crisi del Mar Rosso.
Se le tensioni dovessero sfociare in una guerra vera e propria l’economia dell’isola indipendente sarebbe decimata. Anche la Cina soffrirebbe dato che è la prima partner commerciale di Taiwan e così anche gli USA, i secondi partner commerciali per ordine di importanza. Come si può ben capire le conseguenze economiche a livello mondiale sarebbero devastanti e maggiori rispetto alla guerra in Ucraina.
Le tensioni e il timore che possa scoppiare un conflitto bellico tra Cina, Taiwan e USA ha attirato l’attenzione degli investitori internazionali, che vorrebbero sfruttare il momento propizio del calo dei prezzi delle obbligazioni e dell’aumento dei rendimenti. Per questo, molti obbligazionisti puntano a detenere nel proprio portafoglio investimenti una piccola porzione di obbligazioni indicizzate.
Acquistare i bond indicizzati conviene in questo momento storico dato che sono aumentati i costi di logistica e ciò ha un impatto determinante sull’incremento dei prezzi dei beni al consumo. Gli investitori temono una nuova ondata inflazionistica, che potrebbe diffondersi ed interessante tutto l’Occidente.
Nonostante le continue tensioni tra Pechino e Taiwan, lo scorso anno il mercato azionario dell’isola indipendente è cresciuto di quasi trenta punti percentuali: ciò ha attirato gli investimenti dall’estero per oltre 3 miliardi di $.