La tragica notizia della morte di un'insegnante a seguito di un'emorragia cerebrale dopo aver ricevuto il vaccino Astrazeneca ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di ben 8 medici.
L'iscrizione è doverosa per comprendere appieno le circostanze che hanno condotto a questo tragico evento e valutare eventuali implicazioni mediche.
La patologia si è sviluppata in seguito alla somministrazione del vaccino, il nesso è stato comprovato. Questo evento ha attirato l'attenzione su questioni cruciali legate alla valutazione dei rischi e ai protocolli di sorveglianza post-vaccinazione.
Otto medici dell'ospedale Sant'Eugenio di Roma si trovano sotto inchiesta a seguito della morte di un'insegnante, Stefania Cecca, causata da un'emorragia cerebrale dopo aver ricevuto il vaccino AstraZeneca contro il Covid-19.
La Procura della Repubblica ha chiesto il rinvio a giudizio, con la motivazione che i medici avrebbero potuto prevenire la tragedia diagnosticando correttamente le complicazioni legate alla vaccinazione.
La paziente, dopo aver ricevuto il vaccino, ha manifestato sintomi come spossatezza, problemi alla vista e mal di testa. Nonostante ciò non è stata sottoposta a esami adeguati per individuare eventuali trombosi venose cerebrali. Come nel caso della studentessa Camilla Canepa.
Gli avvocati degli imputati hanno sollevato dubbi sulla procedura di sperimentazione del vaccino da parte di AstraZeneca e hanno contestato la decisione di processare i medici senza tenere conto delle informazioni recentemente emerse su casi simili. Vi terremo aggiornati sul prosieguo del procedimento.
Gli studi su Astrazeneca hanno stabilito che sia le donne più giovani che quelle anziane presentano un rischio maggiore di trombosi cerebrali dopo la vaccinazione con il vaccino AstraZeneca.
Secondo il rapporto, il tasso di trombosi dei seni cerebrali e delle vene cerebrali dopo la somministrazione del vaccino ChAdOx1 è risultato essere nove volte superiore rispetto a quello osservato con i vaccini a mRNA.
Inoltre, si è evidenziato che il rischio per le donne è risultato essere oltre tre volte superiore rispetto a quello degli uomini. I dati raccolti nazionalmente hanno confermato che la maggior parte degli eventi trombotici cerebrali si è verificata nelle donne, con il 75,8% dei casi registrati nel genere femminile.
La maggior parte delle trombosi venose cerebrali si è presentata dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca, mentre non sono stati osservati casi correlati alla vaccinazione con il vaccino mRNA-1273 di Moderna. Questi risultati evidenziano che i rischi si sono estremamente sottovalutati durante il periodo pandemico, permettendo all'inizio che donne di tutte le età (soprattutto insegnanti) venissero vaccinate con Astrazeneca.
In alcuni casi, la vaccinazione con il vaccino AstraZeneca ChAdOx1 può causare una condizione chiamata trombocitopenia trombotica immunogenica (VITT).
Questo effetto collaterale è simile alla trombocitopenia indotta da eparina (HIT) di tipo II, dove si sviluppano anticorpi contro il complesso del fattore piastrinico 4 (PF4) e l'eparina.
È interessante notare che questa complicazione non si verifica con i vaccini a mRNA, e si ipotizza che ciò possa essere correlato al vettore adenovirale utilizzato nel vaccino AstraZeneca.
In uno studio tedesco, circa il 57,8% dei casi di trombosi venosa cerebrale segnalati potrebbe essere attribuito con una probabilità molto alta alla VITT.
Lo stesso meccanismo è stato presumibilmente presente anche in alcuni casi di ictus ischemico ed emorragia cerebrale. Questi risultati sottolineano la necessità di approfondire ulteriormente la comprensione di questa complicazione associata alla vaccinazione anti-COVID-19.
Anche se si sono verificati più casi di eventi trombotici nelle donne di tutte le età, il tasso complessivo rimane molto basso considerando il vasto numero di dosi somministrate.
È importante garantire che tutte le persone, soprattutto le donne, siano pienamente informate sui potenziali rischi prima di ricevere il vaccino, inclusi i sintomi ai quali prestare attenzione dopo la vaccinazione.
L'obbiettivo è minimizzare i potenziali rischi per la salute, anche fatali, derivanti dal vaccino.