Il primo aprile segna una svolta per coloro che lavorano, anche occasionalmente, in smart working: è previsto il ritorno completo alle normali regole per l'accesso al lavoro da remoto e l'addio alla forma semplificata di questa modalità.
Uno degli impatti della pandemia da Covid-19 è stato l'aumento dell'uso dello smart working, diventato un vantaggio ricercato dai lavoratori.
Di solito, lo smart working è disciplinato da accordi individuali, sebbene per i dipendenti fragili del settore privato fosse ancora possibile usufruire della modalità semplificata (che nel settore pubblico è terminata alla fine dell'anno scorso).
Questa forma semplificata permetteva ai dipendenti con determinate condizioni di fragilità di accedervi anche senza un accordo con il datore di lavoro, ma dal 31 marzo questa possibilità viene meno in quanto il governo non ha autorizzato ulteriori proroghe.
Questa novità impone obblighi sia al lavoratore che all'azienda, poiché l'unico modo per usufruire dello smart working è attraverso un accordo individuale che ne disciplina le modalità. Le aziende che non adempiono a questo obbligo rischiano una multa per ogni dipendente che lavora in modalità agile.
A partire dall'1 aprile, anche i lavoratori fragili dovranno rispettare gli stessi obblighi imposti alla maggioranza dei dipendenti, con un ritorno completo alle normali regole per accedere allo smart working.
Ciò significa che l'accesso allo smart working sarà consentito solo con un accordo individuale scritto e firmato da entrambe le parti, in cui vengono definiti:
L'accordo, conservato dall'azienda per 5 anni, deve essere inviato con adeguato preavviso tramite il portale Servizi Lavoro del Ministero del Lavoro.
Mancando tale accordo individuale, l'azienda rischia una multa amministrativa per ogni lavoratore in smart working non comunicato, che può variare da un minimo di 100 a un massimo di 500 euro.
Anche per il lavoratore ci sono rischi: senza un accordo individuale, non può decidere autonomamente di lavorare da remoto. In tal caso, il datore di lavoro potrebbe sanzionarlo con provvedimenti disciplinari, come la mancata corresponsione dello stipendio o addirittura il licenziamento, considerando l'assenza non giustificata.