La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto allo smart working per i lavoratori con disabilità rappresenta un «accomodamento ragionevole», che bilancia le necessità aziendali con le specifiche condizioni di salute dei dipendenti.
Questo riconoscimento si configura come una misura di inclusione, finalizzata a garantire pari opportunità e una maggiore accessibilità per chi è in situazione di disabilità.
Oggi, il lavoro agile è sempre più diffuso: apprezzato dai lavoratori, offre flessibilità e autonomia. Soprattutto per i lavoratori disabili, si tratta di una modalità di lavoro quasi fondamentale per non dover rinunciare a un lavoro.
Accanto all’entrata in vigore di nuove regole sullo smart working 2025, la recente sentenza della Corte di Cassazione sul diritto al lavoro agile per i lavoratori con disabilità è una notizia molto rilevante nel mondo del lavoro.
I lavoratori con disabilità grave possono godere di una sorta di priorità nello smart working. Tuttavia, per consentire a un lavoratore disabile nell’ambito della legge 104 di fruire del lavoro agile, è necessario che siano soddisfatte alcune condizioni fondamentali:
In questo modo, il lavoro agile diventa un importante strumento di inclusione, permettendo ai lavoratori disabili di conciliare le esigenze professionali con le loro condizioni di salute, nel rispetto della normativa e dei diritti dei lavoratori.
Il datore di lavoro ha l'obbligo di adottare «accomodamenti ragionevoli» per assicurare ai lavoratori disabili pari opportunità e uguaglianza rispetto agli altri dipendenti.
Con la sentenza n. 605/2025, la Corte di Cassazione ha affermato che lo smart working può costituire una misura di accomodamento ragionevole per i lavoratori con disabilità. In altre parole, il datore di lavoro è chiamato a valutare la possibilità di concedere la modalità di lavoro agile ai dipendenti disabili, al fine di promuovere l'inclusione e garantire l'accesso a pari diritti e opportunità professionali.
Lo smart working deve essere concesso, però, se le mansioni del lavoratore possono compiersi anche da remoto. Inoltre, gli oneri per il datore di lavoro non devono essere elevati e poco convenienti. Infine, deve esserci un accordo aziendale che preveda il lavoro agile.
Cosa si intende per accomodamenti ragionevoli? Si tratta di modifiche o adattamenti dell’ambiente di lavoro che permettono ai disabili di poter partecipare attivamente e senza esclusioni alla vita lavorativa, al pari di tutti gli altri lavoratori.
Il lavoratore dipendente con disabilità che intende chiedere lo smart working deve presentare una richiesta formale al datore di lavoro. Tuttavia, dobbiamo fare alcune precisazioni.
Il datore di lavoro non ha l'obbligo di concedere lo smart working, ma deve valutare con attenzione la richiesta del lavoratore disabile, motivando adeguatamente un eventuale rifiuto. In caso di diniego, la decisione deve essere giustificata da ragioni oggettive e non discriminatorie.
Se il rifiuto appare ingiustificato o derivante esclusivamente da motivi discriminatori, il lavoratore ha il diritto di contestare tale decisione.
La Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto allo smart working come "accomodamento ragionevole" per i lavoratori disabili, bilanciando le necessità aziendali con le loro condizioni di salute. Questo approccio promuove l'inclusione e la parità di opportunità. I lavoratori con disabilità grave possono avere priorità per lo smart working, purché siano rispettate alcune condizioni, come un accordo formale e la compatibilità delle mansioni.
Lo smart working deve garantire anche il benessere del dipendente, stabilendo tempi di riposo e disconnessione. Il datore di lavoro deve valutare la richiesta con attenzione, giustificando eventuali rifiuti per motivi oggettivi e non discriminatori. L'adozione di accomodamenti ragionevoli consente una partecipazione inclusiva alla vita lavorativa.