"Un Posto al Sole è un real drama, non siamo personaggi romanzati, siamo legati alla cronaca - è stato definito così il longevo prodotto televisivo in onda su Rai3, da una delle colonne portanti, Patrizio Rispo - col real drama si ha quasi la sensazione di seguire una vita parallela: il pubblico soffre, vive con noi, ci ritiene parenti. Anzi, vede più noi che i parenti."
Il real televisivo più longevo esprime al meglio "l'identità meridionale, ma la mission iniziale era raccontare l'Italia - ha affermato Rispo durante l'intervista rilasciata in esclusiva a TAG24.IT - quando c'era un agio produttivo maggiore giravamo tutto il Paese. Siamo rientrati da dieci giorni in Trentino, abbiamo girato anche a Roma, Verona, siamo stati tre volte in America. Abbiamo raccontato e raccontiamo il popolo, la borghesia: raccontiamo l'Italia con gli occhi della protagonista principale, cioè Napoli."
"Portiamo mezz'ora di Italia nel mondo, molti stranieri hanno imparato l'italiano guardando Un Posto al Sole: dal Giappone all'India ci vedono ovunque. Ho visto Un posto al sole in Cina, in un ristorante dove ho ricevuto una grande accoglienza. Pensa nelle carceri cala il silenzio per mezz'ora, vivono la vita che non vivono fuori, la vivono dentro. C'è un'affezione pazzesca - ha aggiunto Raffaele - l'ambasciatore dell'Iran offriva del tè ai dipendenti e vedeva con loro Un Posto al Sole."
In quasi trent'anni i cambiamenti sono stati tanti, frutto di un evolvere naturale delle cose. Patrizio Rispo quante ne hai viste, e quante ne sono successe? "Abbiamo visto cambiare e crescere con noi uomini e attori. La RAI è stata in grado di seguire la rivoluzione tecnologica, ci siamo adeguati al prodotto che è cambiato. Abbiamo testato le telecamere Sony HD. Un Posto al Sole è un centro di formazione notevole - ha sottolineato l'attore - siamo in grado di girare trenta scene al giorno, al cinema se ne fanno tre, quattro."
"Duecento. Da Muccino a Sollima a Micciché, e chi più ne ha più ne metta. Li abbiamo amati tutti. Muccino è quello che ha sperimentato la macchina produttiva più di altri, e se n'è anche avvantaggiato e lo ha riconosciuto. E' stato anche il regista più scomodo, perché molto creativo. Siamo una macchina che ha dei tempi rigorosissimi. Si può indugiare poco con le fantasie creative, in qualità di registi. E' anche vero che siamo un'isola felice: lo dicono tutti, e lo confermo."
"Tra gli attori c'è chi va e chi viene, è come la vita se non sei morto puoi sempre tornare! Quanto ai provini c'è un ufficio casting che se ne occupa. Quando servono inserimenti di nuovi personaggi vengono esaminati dalla produzione e confermati dalla RAI. Entrare non è facile, è una macchina in corsa, una macchina pazzesca, faccio quaranta, cinquanta pagine al giorno di girato - ha spiegato Patrizio - si acquisisce questa capacità, chi arriva la prima volta ne è spaesato, la vive con ansia, proprio perché è una macchina velocissima, da un punto di vista produttivo."
La magia e la bellezza del lavoro di attore è quella di poter entrare in un'altra personalità. In questi caso Patrizio è un pò Patrizio e un pò Raffaele. Entrare in un'altra personalità è un'occasione migliorativa? "Vivo da Raffaele dalla mattina alle 6 alle 19 di sera, mi limito a quelle tre quattro ore in famiglia ad essere Patrizio. Patrizio risente anche del carattere e delle libertà di Raffaele che ha un carattere solare, ottimista, giulivo, e questo condiziona i miei umori. La gente quando mi incontra si aspetta che io sia sorridente, simpatico. La verità è che faccio questo lavoro perché sono assetato di vivere molte vite, non mi basta essere una persona, interpreterei anche altri personaggi. Non mi sono mai adagiato nella maschera. Vivere emozioni diverse migliora."