Il fast fashion di Shein ritorna nel mirino della politica e dei media. A riaccendere la miccia che ha fatto esplodere nuovamente il caso la truffa che spopola sui social e sulle app di messaggistica e che porta il nome del brand. Non solo, il colosso cinese dell'abbigliamento rapido è al centro della proposta di legge approvata dall'Assemblea Nazionale, che inasprirebbe la tassazione proprio per i brand di moda a basso costo.
Ma quali ripercussioni potrebbe avere questa proposta sul mondo del fashion? Sarà davvero in grado di contrastare l'ormai consolidata presenza di enormi multinazionali del valore di centinaia di migliaia di dollari? A TAG24, l'esperto, nonché docente di Merchandising e Fashion Buying presso l'Accademia del Lusso di Milano, Stefano Sacchi, ha spiegato i pericoli e l'impatto di questi mostri della moda veloce.
D: Secondo lei, che effetti potrà avere questa proposta di legge sul mondo della moda? Potrebbe avere ripercussioni anche nel nostro Paese?
R: La Francia è pronta a tassare la moda fast fashion, anche se la proposta dovrà passare ancora al Senato. In questo caso, viene imposto un sovraprezzo ai venditori, che dovrebbero diventare meno economici. Parliamo di un aumento di 5 euro per singolo capo d'abbigliamento, che può arrivare fino a 10 euro, con la motivazione di cercare di mettere in ginocchio questa compra-vendita di abiti a basso costo e che hanno un impatto enorme. Shein, ovviamente, è ancora nel mirino essendo uno dei soggetti principali.
D: Ma cosa vuol dire esattamente Fast fashion?
R: Fast fashion è formata da tutte queste aziende che producono a basso prezzo, con un ritmo rapido e che propongono un continuo ciclo di nuovi trend, per cui hanno un enorme successo, accompagnato da critiche crescenti. Comunque, questo modello contraddice quelli che sono i principi di economia circolare sostenibile dettati dall'Agenda ONU del 2030. Nell'occhio del ciclone sia Shein che Temu, che sono i due grandi cinesi che stanno rivoluzionando l'esperienza di shopping online, ridefinendo il mercato globale.
La Cina è diventata il principale esportatore a livello mondiale. Shein - ho letto recentemente - è valutato 100 miliardi di dollari, per dire, la somma di Zara e H&M non raggiunge quella cifra. Addirittura, voleva comprare Topshop, che poi è stato comprato da Asos per circa 290 milioni di sterline. Negli Stati Uniti, Shein ha aumentato la sua quota, passando da circa il 12% nel 2020 al 50% nel 2024.
D: A cosa si deve questo aumento?
R: L'America non è riuscita a fronteggiarlo, proprio a causa della legge secondo la quale i dazi al di sotto degli 800 euro per pacco non si pagano. O quantomeno, si pagano in maniera molto ridotta. Quindi, automaticamente, Shein ha aumentato enormemente la sua quota di mercato e anche in Europa sta salendo.
Per cui, loro creano dei temporary, una manifattura un po' on demand, ovvero, intercettano i gusti dichiarati dai consumatori, poi mettono 200-300 esemplari sul mercato e regolano la loro produzione in base alla domanda. Sono molto ben organizzati, ma sono anche da arginare, da colpire. La produzione avviene quasi tutta a Guangzhou, nel sud della Cina, dove non c'è alcun tipo di tutela per i lavoratori e le lavoratrici, quindi né etica né ambientale.
Per fare una maglietta ci vogliono 2mila 700 litri d'acqua, che equivalgono a 2 anni e mezzo di bisogni idrici per una persona, o che per un jeans ce ne vogliono 7mila 500 litri. Per non parlare delle sostanze nocive con cui vengono tinti i capi o le fibre stesse di cui sono fatti.
L'esperto ha spiegato che, la produzione fast fashion di Shein utilizza fibre di poliestere, nylon, acrilico che rilasciano delle microplastiche nell'ambiente, oltre alle emissioni di CO2 nell'aria.
D: Che comportamento ha Shein rispetto ad altri brand, comunque, di fast fashion?
R: Inditex (Zara) o H&M e altri hanno tentato di diventare più sostenibili, nel senso che hanno avviato una corsa al rinnovabile. Tant'è che Inditex ha raggiunto risultati importanti nel 2022 nello sfruttamento delle risorse rinnovabili per produrre elettricità. Shein, invece, non ha alcun dato disponibile, tanto che nei report è associato a pratiche inquinanti, non trasparenti. Anche Primark, dopo il disastro accaduto in Bangladesh, ha tentato di ridurre le emissioni, di attuare una politica più equa e etica.
Ma i brand del fast fashion veramente trasparenti sono pochi. OVS è uno dei brand e dei gruppi più trasparenti, seguito da H&M, Bershka, più giù Mango, Primark. Shein è al minimo livello e questo dimostra che non vogliono nemmeno rispondere a una richiesta di trasparenza e non vogliono essere protagonisti di un settore più chiaro e meno caratterizzato da ombre.
L'enorme successo di questi brand da milioni di dollari rende vano qualsiasi tentativo di abbatterli? Secondo il professor Sacchi, oltre una maggiore incisività dell'iter legislativo, con tasse più alte e criteri più rigidi, è vitale una rivoluzione culturale che parta dal basso:
La cosa che mi fa più paura in tutto ciò è da noi manca proprio una rivoluzione culturale - sostiene Sacchi. Perché nonostante le polemiche, lo sfruttamento dei lavoratori, l'impatto ambientale, anche se loro hanno goffamente tentato di fare delle operazioni di autopromozione, ci sono migliaia di utenti che continuano a comprare, a farsi video su TikTok.
La furbizia di Shein si manifesta pienamente nello sfruttamento dei social. Infatti, grazie ai video unboxing, non solo i creator, ma anche il brand riesce a mettere le mani su milioni di visualizzazioni e, quindi, su milioni di potenziali clienti. Come sottolinea il professor Sacchi, l'azienda non è esente da querele o denunce:
Molti marchi lo hanno citato in giudizio per violazione del trademark. Come ad esempio, Uniqlo, Levi's, persino H&M e Ralph Lauren. Bisogna che ci rendiamo conto veramente - ma questo, secondo me, ha da venire - di tutto ciò. Perché l'informazione che viene data sembra toccare i giovani, ma non fino in fondo.
Questa tendenza di fare i video su TikTok per far vedere questi cambi continui, porta i ragazzini e le ragazzine - che sono animati da buone intenzioni - a non tenere conto delle conseguenze delle loro azioni. La Camera della Moda, che ha creato un decalogo di 10 punti della sostenibilità: gli stilisti devono disegnare in un ambito già sostenibile.
D: Secondo lei, la rapida ascesa di questo genere di colossi, come, appunto, Shein, è solo frutto di una buona strategia di marketing, di comunicazione per via degli Influencer? C'è qualcos'altro dietro?
R: Il problema è che, da un lato, c'è questa strategia, che permette a Shein di fare numeri pazzeschi. Producono 6mila nuovi capi al giorno, prezzo medio di 7 euro, per accontentate 150 milioni di utenti in tutto il mondo. È un successo senza precedenti, se pensiamo che l'applicazione è stata scaricata 175 milioni di volte da gennaio ad agosto 2023. Questo vuol dire che, dall'altra parte, abbiamo un ventre molle, siamo un terreno molto fertile. Purtroppo, questa rivoluzione culturale di cui parlo avviene solo nel food: ci piace il vegetariano, il vegano perché pensiamo che abbiano più connessioni con la nostra salute. Al contrario, ci occupiamo meno della salute che proviene dagli impatti della moda.
Sembra che la moda sia futile, sia divertente, che sia divertente comprare su Shein, su Temu. Si fa leva su questo aspetto ludico, che viene valutato superficialmente e che non viene rapportato ai veri bisogni, essendo divertimento, è esperienza e come tale è giusto cambiarsi 10 volte al giorno. Farlo con 4 euro va bene. Sarebbe necessario fare una buona campagna di educazione per contrastare questa bulimia spendereccia pessima.
D: Che intende per rivoluzione culturale?
R: Penso che si dovrebbe cominciare già a scuola, insegnando una materia di educazione ambientale, etica, sociale. I ragazzi devono capire quanto siano scellerate certe operazioni e quanto gravi saranno le conseguenze che i loro figli dovranno subire.
Le nuove generazioni sono piene di valori, di buoni sentimenti, ma sono completamente in contraddizione. Da un lato scendono in piazza per protestare per la sostenibilità e per l'ambiente, dall'altro comprano tutto online. Oppure comprano durante il black friday o non si fanno portavoce dei piccoli brand sostenibili, che con prezzi più alti, hanno a cuore l'ambiente e la salute delle persone. Le generazioni che sono abituate a comprare online a 4 euro difficilmente cambieranno il loro atteggiamento a breve.
A meno che non si verifichi un altro sconquasso ambientale, come quello in Bangladesh. Ma non si può aspettare che accadano dei disastri così grandi per aprire gli occhi. Questo fenomeno che sta distruggendo la moda, creando un ambiente invivibile e situazioni sociali nel sud del mondo in cui le donne, i bambini e le condizioni fisiche e di sicurezza non sono minimamente tutelate.
D: Shein sta facendo diversi progetti, come quello sull'empowerment femminile o la Shein Global Challenge 2024 per i giovani designer, cosa si nasconde dietro tutto questo?
R: Queste sono operazioni di green washing o comunque false, perché volte solo a rifarsi il makeup. Shein finisce in continuazione al centro di polemiche che sottolineano il terribile impatto ambientale e lo sfruttamento dei lavoratori. Infatti, se pensiamo all'invito ad alcuni Influencer e creator di visitare le proprie fabbriche, vediamo che si tratta di un goffissimo tentativo di green washing. Stessa cosa per il mercato in stile Vinted, un re-sell - non capisco che seconda vita possano avere, visto che sono già di qualità bassissima. Nel tentativo di allungare la vita di abiti che hanno già una vita brevissima.