È un coro unanime di contrarietà quello con cui le opposizioni accolgono l'approvazione in Commissione della riforma del premierato voluta dalla maggioranza. Critiche che riguardano sia il merito di una riforma accusata di essere confusa se non totalmente sbagliata, sia il metodo, con l'accusa all'esecutivo di andare dritto per la sua strada senza cercare il confronto istituzionale necessario quando si parla di modifiche alla Carta costituzionale. Con l'opzione del referendum sempre più concreta...
La riforma del premierato ha fatto, oggi, un passo avanti importante, con l'approvazione in commissione Affari costituzionali del Senato dell'emendamento che modifica l'articolo 92 della Costituzione introducendo l'elezione diretta del premier.
La maggioranza si è compattata intorno al tema, cavallo di battaglia soprattutto di Fratelli d'Italia, che ha rivendicato il risultato attraverso lo stesso presidente della commissione, Alberto Balboni. Soddisfazione espressa anche dalla deputata della Lega Laura Ravetto, forse anche per smorzare le voci insistenti di un Carroccio contrario ma costretto a votare a favore sull'altare degli equilibri di governo.
Una compattezza analoga, ma di segno diametralmente opposto, si riscontra anche tra le fila dell'opposizione, che promettono battaglia nelle prossime settimane.
A partire dal Movimento 5 Stelle che, proprio in commissione, fa esprimere tutto il proprio dissenso alla vicepresidente del gruppo Alessandra Maiorino che giudica la riforma "pasticciata e strabica" per via della netta distanza tra le intenzioni proclamate dal governo e gli effetti reali del testo prodotto.
Maiorino ritiene, infatti, che il premierato non serva, come invece sostenuto dalla maggioranza, a risolvere il problema dell'instabilità dei governi, già garantita come dimostrerebbe l'operato dell'attuale esecutivo che, spiega la senatrice, svolge il proprio lavoro "purtroppo disastroso, senza incontrare molti ostacoli".
Per risolvere questo problema, sostiene, sarebbero necessari altri interventi, alcuni dei quali promossi proprio dal M5S in passato.
La verità, secondo Maiorino, è che il reale obiettivo del centrodestra è una concentrazione dei poteri in capo a un'unica figura istituzionale, senza contrappesi o contraddittorio.
Sulla stessa falsariga le parole di Peppe De Cristofaro, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra, che parla di "obbrobrio" riferendosi al combinato disposto tra questa riforma e quella dell'autonomia differenziata.
Per De Cristofaro il risultato sarà "un totale pasticcio", con una riforma che darà al premier "poteri enormi e giganteschi" e l'altra che li dimezzerà, trasferendo materie molto rilevanti al governo delle Regioni. Ma, conclude, ci penseranno i cittadini a rispedire la riforma al mittente:
Promette opposizione durissima anche Riccardo Magi, segretario di +Europa, usando anche lui il termine "obbrobrio" per definire una riforma che, senza troppi giri di parole, ritiene che porterà alla "fine della democrazia parlamentare".
Un "melonato", sostiene Magi, caratterizzato da una persona sola al comando.
Tuttavia, al contrario dei suoi colleghi di opposizione, il segretario di +Europa tende una mano all'esecutivo per un confronto sul testo. Sempre che la maggioranza voglia prenderla.
Quella di Magi è l'unica posizione che sembra lasciare spazio a un dialogo. Per il resto, la strada sembra quella delle porte chiuse.