Chi era Wilma Montesi e chi l'ha uccisa? Il suo delitto è stato risolto? Se lo chiedono in tanti, ripensando alla storia della 21enne che nell'aprile di 71 anni fa fu trovata morta su una spiaggia di Torvaianica, a oltre 30 chilometri da Roma, dopo essersi allontanata dalla sua abitazione di via Tagliamento, in zona Trieste. Una storia che coinvolse personalità di ogni tipo e che nel tempo ha ispirato libri e film, restando impressa nell'immaginario collettivo.
Quando fu trovata morta a Torvaianica, il pomeriggio dell'11 aprile del 1953, Wilma Montesi aveva 21 anni. Due giorni prima, il 9 aprile, era uscita dalla sua abitazione di via Tagliamento, in zona Trieste, dopo aver detto alla madre Maria e alla sorella Wanda che sarebbe tornata prima di cena. Non aveva mai fatto ritorno.
Il suo corpo giaceva, seminudo, sulla sabbia: a dare l'allarme dopo averlo notato, fu un lavoratore di passaggio, il manovale Fortunato Bettini. Il medico legale incaricato di effettuare l'autopsia stabilì che era morta tra le 12 e le 18 ore prima per annegamento e che non aveva subito violenze. Si pensò subito che potesse essersi suicidata. Di lì a poco avrebbe dovuto unirsi in matrimonio con il fidanzato Angelo Giuliani, un agente di polizia in servizio a Potenza e trasferirsi; secondo il padre, non voleva.
Poi i familiari si ricordarono che aveva detto loro di voler andare al mare per immergere i piedi nell'acqua per trovare sollievo dalla dermatite. Una donna riferì agli inquirenti di essere convinta di averla vista sul trenino che da Piramide conduce ad Ostia verso le 17.30 del giorno della sua scomparsa: si ipotizzò che, una volta raggiunto il bagnasciuga, avesse accusato un malore e che la corrente l'avesse poi trascinata sulla spiaggia in cui era stata ritrovata.
Il suo caso, che nei primi giorni era stato trattato solo dai giornali locali, si tramutò in una questione di interesse nazionale quando qualcuno avanzò il sospetto che il figlio del politico democristiano Attilio Piccioni, Piero, potesse esservi coinvolto.
Nell'ottobre del 1953 il primo numero del settimanale scandalistico Attualità scrisse che la morte della ragazza, archiviata come incidente, era avvenuta in realtà durante un festino a base di alcol e droghe a cui avevano preso parte diverse personalità di spicco nella villa del marchese Ugo Montagna, amico, appunto, di Piccioni.
Una donna di nome Anna Maria Moneta Caglio, soprannominata "Cigno nero" dalla giornalista Camilla Cederna, confermò il racconto, dicendo agli inquirenti di aver origliato una conversazione da cui era emerso che la donna aveva accusato un malore nel corso della festa, venendo portata al mare e lasciata lì a morire.
Piero Piccioni e Ugo Montagna vennero arrestati con l'accusa di omicidio colposo e insieme ad altri finirono imputati in un processo, venendo assolti, alla fine, con formula piena. Le nuove indagini aperte sul caso arrivarono, in pratica, alla stessa conclusione delle precedenti: la 21enne era morta accidentalmente.
Su tanti aspetti, però, non è mai stata fatta chiarezza: c'è chi sostiene che l'ambiente politico-aristocratico per anni oggetto di sospetti da parte degli inquirenti andasse indagato con maggiore convinzione; altri pensano invece che dietro la morte di Wilma possa celarsi qualcuno che la donna conosceva e di cui si fidava, magari un contendente. In mancanza di riscontri si tratta solo di ipotesi. La sua storia, ancora impressa nell'immaginario collettivo, ricorderà a molti quella di Simonetta Cesaroni.