Niccolò Ciatti aveva 22 anni quando, nell'agosto del 2017, fu pestato a morte fuori da una discoteca di Lloret de Mar, in Spagna, mentre era in vacanza con gli amici. Ieri, 16 aprile, la Corte di Cassazione ha reso definitiva la condanna a 23 anni di reclusione per colui che si macchiò del suo omicidio, il ceceno Rassoul Bissoultanov, che dal 2021 risulta, però, irreperibile. Abbiamo parlato di cosa è successo e di cosa potrebbe succedere dopo la sentenza con gli avvocati Agnese Usai e Massiliano Stiz, che assistono la famiglia della vittima.
Per Rassoul Bissoultanov la condanna è, a questo punto, definitiva. Come hanno reagito i familiari della vittima alla decisione della Cassazione? Se la aspettavano?
"I familiari del povero Niccolò Ciatti sono contenti perchè la vicenda giudiziaria si è conclusa e finalmente c'è una sentenza definitiva di condanna con una pena rilevante e superiore a quella spagnola (che era di 15 anni, ndr). Più che aspettarselo se lo auguravano, perché è stato celebrato un processo lungo e complesso, nel quale sono state affrontate numerose questioni civili e penali, di diritto interno e internazionale: l'esito dà ragione sia della gravità del fatto, sia del lavoro svolto dal punto di vista processuale".
Il cammino verso la giustizia per certi versi non si è ancora concluso: il ceceno riconosciuto colpevole dell'omicidio Ciatti è ancora latitante. Il papà di Niccolò ieri ha dichiarato ai microfoni dei giornalisti di augurarsi che il governo, le autorità "ci mettano la volontà di cercarlo, cosa che purtroppo non è successa in Spagna". Cosa poteva essere fatto meglio e cosa cambia adesso?
"Completato questo percorso, il desiderio dei familiari è che la pena venga eseguita al più presto. L'imputato, detenuto in tre stati (Spagna, Germania e Italia), è fuggito: sia la scarcerazione in Italia, sia la mancata carcerazione in Spagna dopo la sentenza di secondo grado, potevano e dovevano essere evitate.
Quel che cambia ora è che con una sentenza definitiva vi è maggiore incentivo per la ricerca di Bissoultanov, poiché si tratta di eseguire la sentenza e non una misura cautelare, e che almeno in ambito UE non dovrebbero esserci più questioni in caso di arresto del condannato per la consegna all'Italia dello stesso.
Cambia anche che a seguito della sentenza definitiva il processo spagnolo dovrebbe essere chiuso per difetto di giurisdizione; il sostituto procuratore di Roma Erminio Amelio ha già preannunciato che si attiverà in tal senso".
Da cosa è dipeso il fatto che ci siano stati due processi?
"Dalla circostanza che né la Spagna né l'Italia hanno voluto rinunciare alla propria sovranità in tema di giurisdizione e nessun accordo europeo rende obbligatoria la rinuncia; le trattative fatte in ambito europeo tra i due Stati per un accordo sul punto non hanno dato esito. Per questo ci siamo trovati nella particolarissima situazione del simultaneus processus, che ha reso complesso seguire la vicenda anche dal punto di vista mediatico.
Una cosa che ci teniamo a segnalare, e sulla quale ci siamo molto battuti in udienza, è che il nostro ordinamento è informato al principio della personalità passiva: significa che la legge penale italiana tutela gli interessi dello Stato e del cittadino anche quando un cittadino italiano subisce un reato all'estero per opera di uno straniero.
Ci siamo spesi affinché venisse tutelato, salvaguardato e valorizzato questo interesse, che crediamo rappresenti una vittoria per tutti - atteso che non è secondario, in circostanze simili, ricevere la tutela dello Stato di appartenenza - e anche per questo siamo soddisfatti".