Che fine ha fatto Pietro Maso? All'età di 19 anni uccise i suoi genitori per intascarne l'eredità; oggi ha 52 anni e, dopo aver scontato oltre vent'anni anni di reclusione, è tornato in libertà, costruendosi una nuova vita.
Pietro Maso, condannato a 30 anni e due mesi di reclusione per aver ucciso - in concorso con tre amici - i genitori Antonio Maso e Mariarosa Tessari nell'abitazione in cui vivevano a Montecchia di Crosara, in provincia di Verona, ha provato, nel tempo, a costruirsi una nuova vita.
Una decina di anni fa, dopo averne scontati 22, è uscito dal carcere e, dopo essersi sposato (e disintossicato dalla cocaina), ha iniziato ad occuparsi di lavoretti saltuari. Nel 2022, parlando con il Corriere della Sera, il suo storico avvocato Marco De Giorgio aveva fatto sapere che "trascorre gran parte dell'anno in Andalusia, nel sud della Spagna", dove nessuno lo conosce per il suo passato criminale e può dunque vivere liberamente.
In Italia sarebbe impegnato, comunque, per i detenuti, collaborando con diverse associazioni attive nelle carceri italiane per il loro reinserimento. Un tema che, proprio per via di ciò che ha vissuto in prima persona, lo interesserebbe molto: nel 2016 aveva fatto scalpore la notizia della sua decisione di scrivere una lettera a Manuel Foffo, condannato per l'omicidio di Luca Varani a Roma.
"Voleva dargli sollievo, spiegargli che avrebbe dovuto fare i conti per sempre con ciò che aveva fatto. Esattamente come è capitato a lui negli ultimi ventotto anni. Ma in nessun modo intendeva sminuire la gravità di ciò che quel ragazzo aveva combinato", aveva spiegato il suo legale sempre al Corriere, sostenendo che per molte persone Maso fosse ancora, ingiustamente, "il mostro di Montecchia".
Era la notte tra il 17 e il 18 aprile del 1991. Pietro Maso non aveva neanche 20 anni quando, insieme agli amici Giorgio Carbognin, Paolo Cavazza e Damiano Burato, si macchiò dell'omicidio dei suoi genitori Antonio e Mariarosa, appena rientrati da una serata trascorsa fuori casa.
Era giovane e di bell'aspetto; amava sfoggiare abiti firmati e guidare auto di lusso per fare il "gradasso" e rendersi più attraente agli occhi delle ragazze: uno stile di vita che gli richiedeva una grande disponibilità di denaro. Mettendo fine alla vita del padre e della madre - con cui i rapporti, da un po', si erano fatti tesi - sperava di intascarne l'eredità e di dividersela con i suoi complici per poter vivere sereno.
Stando alle ricostruzioni, colpì i due con un tubo di ferro mentre gli altri si scagliavano contro di loro con una pentola e con i calci. Da tempo avevano programmato tutto: più volte, anzi, avevano provato ad eseguire il delitto, senza riuscirci. Il piano iniziale era quello di far saltare in aria l'abitazione, ma la madre di Maso li aveva scoperti, rinvenendo, in cantina, bombole di gas e altro materiale sospetto.
Poi si era deciso che sarebbe stato Carbognin a colpirla: gli altri si sarebbero occupati di distrarla e poi insieme avrebbero ucciso anche il marito. All'ultimo minuto il giovane, però, non se l'era sentita, si era tirato indietro. Poi Pietro aveva staccato un importante assegno dal libretto della madre, imitandone la firma: sapeva che sarebbe stato scoperto e, messo alle strette dalla situazione in cui si era cacciato, decise che era arrivato il momento di uccidere lei e il padre. Fu arrestato due giorni dopo l'aggressione mortale e condannato.