Cos’è il cloud seeding? Per gli esperti, l’eccezionale evento meteorologico avvenuto nelle scorse ore a Dubai potrebbe essere una conseguenza inaspettata del cloud seeding.
La pioggia è caduta in quantità davvero anomala per una città desertica. I 250 mm di acqua registrati in 24 ore sono infatti pari alle precipitazioni attese complessivamente in un anno e mezzo.
Le ipotesi sulla straordinarietà dell’evento si sono moltiplicate, ma appare verosimile che il fenomeno sia stato provocato dalla tecnica chiamata cloud seeding. Di cosa si tratta? Perché viene utilizzata e quali possono essere le ripercussioni sul clima?
L’espressione inglese cloud seeding significa letteralmente inseminazione delle nuvole. Tale tecnica venne per la prima volta sviluppata appena dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Vincent Schaefer è ritenuto il padre ufficiale, sebbene la scoperta di questo fenomeno sia frutto di esperimenti abbastanza fortuiti. Nel 1946 lo scienziato statunitense ebbe l’idea di poter raffreddare artificialmente le nuvole mentre era nei pressi del Monte Washington, nello Stato di New York.
L’intuizione teorica lo portò dunque a sperimentare allo Schenectady Lab diverse soluzioni come il talco in polvere, il sale o altre sostanze chimiche, finché non arrivò a un risultato pienamente soddisfacente con l’utilizzo di ghiaccio secco, ovvero l’anidride carbonica nella sua forma solida.
Contemporaneamente un suo collega, il climatologo Bernard Vonnegut perfezionò la tecnica utilizzando iodio ed argento per produrre ioduro d'argento con l’intento di alterare direttamente la struttura cristallina delle particelle di acqua nelle nuvole e non solo la loro temperatura.
Nel novembre del 1946 si arrivò così al primo vero test di alterazione delle nuvole. Schaefer riuscì a produrre una precipitazione nevosa nel Massachusetts orientale.
La tecnica del cloud seeding venne via via perfezionata e utilizzata non solo per indurre precipitazioni in zone aride ma anche per limitare fenomeni di pioggia intensa. Gli Stati Uniti avrebbero adottato questa tecnica anche durante la Guerra del Vietnam in modo da alterare le condizioni ambientali locali. Nel 1977 vennero poi firmati accordi internazionali che vietano l’utilizzo del cloud seeding per scopi militari.
Affinché si possa attuare il cloud seeding è necessaria la presenza in atmosfera di agglomerati nuvolosi che contengano già di per sé acqua sopraffusa allo stato liquido. Solo così l’aggiunta artificiale di ioduro di argento o sale può alterare la struttura dei cristalli di ghiaccio e formare pioggia o neve.
Esistono tuttavia diverse modalità con cui viene eseguita tale iniezione. Le particelle chimiche possono essere disperse da un aeroplano che sorvola le nuvole, oppure attraverso razzi vettori, oppure ancora possono essere rilasciate da terra attraverso speciali cannoni. In quest’ultimo caso saranno le correnti ascensionali a far arrivare le sostanze chimiche fino all’ammasso nuvoloso.
In condizioni favorevoli, i dati riportati dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale indicano come l’inseminazione di nuvole possa incrementare le precipitazioni del 20%. La tecnica sarebbe più produttiva nelle zone pluviali. Ciò vale a dire appunto che è maggiormente efficace se si vuole aumentare il volume di pioggia.
La Cina è il Paese che oggi utilizza il cloud seeding in maggior misura. Viene impiegato non solo per incrementare le piogge per l’irrigazione ma anche per far calare il tasso di inquinamento nelle città più popolose come la capitale Pechino.
Operazioni simili vengono adottate in gran parte degli Stati Uniti. Mentre se guardiamo all’Europa, le Nazioni che ne fanno maggior uso sono la Francia e la Spagna. In Italia gli esperimenti condotti negli anni ’80 sia sulla Pianura Padana che sul Tavoliere delle Puglie non avrebbero dato risultati così soddisfacenti da introdurre la tecnica come pratica usuale.
La diffusione della tecnica dell’inseminazione delle nuvole pone alcuni interrogativi. Sebbene la scienza abbia aumentato le nozioni circa l’utilizzo di questa pratica, rimangono ancora diversi dubbi sulla sua efficacia e soprattutto sulle conseguenze potenzialmente dannose per l’ambiente.
Il pericolo maggiore risiede nell’alterazione permanente dei fenomeni atmosferici locali. Il cloud seeding potrebbe poi portare a inaspettati eventi di precipitazione in misura sovrabbondante o violente grandini in zone agricole, con conseguenti rischi di alluvioni e danneggiamento delle coltivazioni.
Un altro elemento da non sottovalutare è la natura tossica di alcune delle sostanze impiegate nel processo, come ad esempio lo ioduro di argento. Il suo prolungato utilizzo può indurre effetti gravi nella salute umana e in tutto l’ecosistema ambientale.