Autogol della Lega sul ddl autonomia differenziata: in commissione Affari costituzionali alla Camera la maggioranza viene battuta a sorpresa su uno delle centinaia di emendamenti M5s proprio a causa delle assenze del gruppo del Carroccio, sotto gli occhi di un impassibile ministro Roberto Calderoli. Per il centrodestra il voto non è valido e va ripetuto. Scoppia il caos, volano parole grosse e dopo una sospensione e un'accesa discussione, il presidente Nazario Pagano (Fi) decide di rinviare l'esame a venerdì. L'opposizione si appella al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, affinché eviti "una forzatura" che incrinerebbe "il rapporto di fiducia" e farebbe venire meno "la terzietà" che ha sempre contraddistinto il Presidente Pagano. Nonostante la prudenza di Fi, ribadita anche oggi da Antonio Tajani, l'esame in Commissione non avrebbe dovuto riservare sorprese anche perché il patto è che il ddl arrivi in aula blindato il 29 aprile per la discussione generale anche se il voto finale arriverà solo dopo le Europee. La maggioranza, infatti, non ha presentato emendamenti e l'accordo è per un calendario serrato in modo da chiudere in commissione sabato, sacrificando anche il ponte del 25 aprile pur di tenere fede all'impegno caro alla Lega. Provando una ricostruzione di quanto accaduto, mettendo faticosamente in fila i fatti, tra le accuse incrociate di "ricostruzioni false" e "mistificazioni della realtà" emerge che l'inciampo avviene in apertura di seduta, alle 15, sul primo voto. Il Presidente Pagano inizia puntualissimo e, nessuno chiedendo di intervenire, passa al voto sull'emendamento 1.19 della pentastellata Carmela Auriemma che cancella la parola autonomia dai principi generali del primo articolo del ddl. Il parere di governo e relatore è contrario ma la votazione finisce 10 a favore a 7 contrari. Del centrodestra sono presenti 5 su 8 componenti di Fdi, uno di Fi, e solo un leghista su 5 (ovvero uno dei relatori del ddl Alberto Stefani). I voti li conta l'unico segretario di commissione presente, il pentastellato Pasqualino Penza. L'altra, la leghista Simona Bordonali, non è presente.
L'opposizione esulta, uno dei tre relatori Alessandro Urzì (Fdi) chiede la parola, Pagano (Fi) cerca di correre ai ripari e non chiude la votazione. A quel punto è caos. Urla e proteste sono udibili dai corridoi antistanti la commissione, tanto che i commessi, intervenuti vista la situazione incandescente, allontanano i cronisti. Accorre anche il capogruppo Fdi Tommaso Foti ma da subito la posizione della maggioranza è di fare quadrato negando la validità del voto: "L'opposizione ha proclamato il risultato che il presidente non ha proclamato, quindi ha molta fantasia", dice Foti. "Non è accaduto nulla, l'opposizione sbaglia. Il relatore Urzì aveva chiesto la parola, io sono esattamente entrato in quel momento e quindi il voto era stato sospeso. C'è poco da polemizzare, riprenderemo a votare. Come al solito l'opposizione della sinistra è farlocca, fanno cagnara inutile", difende la linea il leghista Iezzi. "Siamo stanchi di un'opposizione che ormai si spinge fino alla mistificazione della realtà dichiarando numeri di fantasia e certificando votazioni mai esistite", dichiara Urzì. Dopo una sospensione della seduta durante la quale Pagano si informa sui precedenti con la presidenza della Camera, alla ripresa il Presidente annuncia l'intenzione di far ripetere il voto. È di nuovo bagarre. Per l'opposizione il voto è regolare e una eventuale ripetizione andava fatta semmai immediatamente. Spiega il dem Federico Fornaro: "Il Presidente avrebbe dovuto chiudere le porte immediatamente e ripetere per appello nominale la votazione, questo dice il Regolamento". Alla fine le opposizioni spuntano un rinvio a venerdì. Pagano, di umore nero, intercettato dai cronisti, si limita a dire: "Non si è conclusa la procedura di voto. La Commissione è rinviata a venerdì".