La tassazione dei premi di produttività, in presenza di alcuni specifici requisiti, è fissata al 10%: come cambia la detassazione? Il decreto di attuazione della riforma fiscale non arriva sul tavolo del Consiglio dei Ministri.
Nonostante ciò, stando alle prime anticipazioni è previsto un restyling e per il 2025 si fa largo l’ipotesi di un accesso più ampio.
Oggi, l’imposta agevolata viene applicata in relazione al periodo in cui matura l’incremento di produttività. Con le modifiche previste per il 2025, si dovrebbe intervenire su due fronti: sugli accordi da prendere, che diventeranno più flessibili, e sull’aliquota di tassazione raddoppiata.
Quando un’azienda, durante il corso dell’anno, ottiene performance migliori aumentando i guadagni o, semplicemente, diventando più efficiente può riconoscere ai dipendenti somme a titolo di gratifica.
I premi di produttività o premi di produzione costituiscono elementi integrativi della normale retribuzione di base. Sostanzialmente, consistono in veri e propri compensi aggiuntivi. Il lavoratore può scegliere se ricevere il premio in busta paga e non concorre alla formazione di reddito da lavoro dipendente.
Il loro ammontare e gli stessi criteri di calcolo sono variabili da azienda ad azienda. Vengono pattuiti nell’ambito di ciascuna realtà aziendale grazie all’intervento della contrattazione. Si tratta di veri e propri riconoscimenti per i risultati ottenuti.
Dal punto di vista fiscale, il riferimento normativo è la Legge di Stabilità del 2016. È prevista una tassazione ridotta, agevolata, per le somme fino a 3000 euro erogate ai lavoratori dipendenti, in generale, come premi di risultato di:
Lo stesso trattamento è previsto per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.
Se si supera il tetto massimo, scatta la tassazione ordinaria sulla parte eccedente. Ma oltre al tetto massimo, è previsto anche un massimale di reddito per il dipendente che non può superare gli 80.000 euro.
Le condizioni di accesso alla detassazione non hanno subito modifiche, ma nelle ultime due manovre finanziarie l’aliquota è stata ridotta dal 10% al 5%.
Come abbiamo anticipato, con il nuovo decreto si profila un ritorno alla percentuale più alta, ma con l’applicazione di nuove regole.
Inoltre, i risultati dovranno essere verificabili e misurabili, solo e esclusivamente, sulla base di criteri definiti dalla contrattazione collettiva e riferibili al datore di lavoro.
Per quanto riguarda l’applicazione dei premi di produttività, ci si può riferire agli accordi territoriali compatibili con l’attività svolta, solo qualora manchi la rappresentanza sindacale.
Quindi, la detassazione spetta comunque, anche in mancanza di rappresentanze aziendali. Come ha precisato l’Agenzia delle entrate, con l’interpello n. 176/2021, in mancanza di rappresentanze sindacali è opportuno recepire il contratto territoriale di settore.
I lavoratori devono ricevere la comunicazione del contratto aziendale in forma scritta. Entro 30 giorni dalla sottoscrizione, l’azienda è tenuta a depositarlo con la dichiarazione di conformità.
Intanto, è bene precisare che l’aliquota agevolata non si applica in maniera indiscriminata, ma è accessibile solo dai lavoratori dipendenti del settore privato che hanno un reddito fino a 80.000 euro.
Alcune delle novità previste per il 2025 si soffermano proprio sui limiti di applicazione. In base alle prime anticipazioni, l’aliquota di detassazione dei primi di produttività salirà, nuovamente, al 10%.
Gli indicatori per la misura dei risultati potranno prevedere criteri di responsabilità sociale e sostenibilità ambientale.
In aggiunta ai suddetti, in riferimento agli accordi, l’applicazione del requisito dovrebbe divenire molto più flessibile e si prevede la sua estensione anche ai contratti territoriali di settore.