Italia Viva è, da sempre, il partito di opposizione su cui il governo ha potuto trovare una sponda sulle riforme. Almeno finora. Perché il dibattito sul premierato ha visto oggi Matteo Renzi scagliarsi in Senato contro il testo e contro la ministra Casellati che lo ha promosso. Colpa anche di un duro scontro che l'ha vista protagonista insieme con Enrico Borghi...
Proprio nel giorno in cui la riforma del premierato fa il suo primo, piccolo passo avanti, con l'abolizione dei senatori a vita, ecco che si va a incagliare in uno scontro che potrebbe rappresentare un grosso ostacolo al suo iter di approvazione.
In Senato, infatti, si è consumato un confronto durissimo con Italia viva, unica forza di opposizione che, finora, si era mostrata aperta a un dialogo sulle riforme. Il suo leader Matteo Renzi, pronuncia a Palazzo Madama parole di netta opposizione al testo così come è stato elaborato e sfida il governo a cambiare rotta prima che sia troppo tardi.
Renzi accusa il governo di mancanza di serietà di fronte a una materia tanto delicata:
"Vi rendete conto di che cosa state costringendo il Senato a fare? Questa riforma, ve l'hanno detto le vostre menti più brillanti, non sta in piedi. È stata la madre di tutte le riforme, del 'o la va o la spacca', poi è diventata la bis-cugina larga delle riforme, del 'chissenefrega'. Prendetelo sul serio questo testo".
A scatenare la ferma opposizione di Italia viva è stato anche il duro scambio di battute avvenuto tra il capogruppo dei senatori Iv Enrico Borghi e la ministra delle Riforme Maria Elisabetta Casellati.
Il primo stava contestando la ministra che, parlando dell'abrogazione dei senatori a vita, aveva usato il termine "eliminare". La Casellati lo ha, quindi, mandato a quel paese, con tanto di gesto esplicito, scatenando la dura replica del senatore.
Renzi ha preso, quindi, le difese del suo capogruppo dicendo che la ministra "si comporta in maniera indecente" e "in modo maleducato", parlando anche di "masochismo" del governo.
Renzi ha terminato il suo intervento chiedendo le "scuse pubbliche" di ministra e presidente del Consiglio.