Prima di essere uccisa Anica Panfile potrebbe essere stata drogata a sua insaputa: è quanto ipotizzato dagli inquirenti che lavorano al caso della 31enne di origine romena - trovata morta in un'ansa del fiume Piave a Spresiano, in provincia di Treviso, il 21 maggio dello scorso anno - e confermato, in parte, dalla nuova perizia medica e tossicologica eseguita sul suo corpo.
Per l'omicidio della 31enne è finito in carcere il 78enne veneziano Franco Battaggia. L'ipotesi è che possa averle somministrato della droga per via genitale, nel corso di un rapporto sessuale (forse non consenziente) a sua insaputa, per poi colpirla con un oggetto contundente e soffocarla al culmine di una lite.
Lo riporta il Gazzettino Veneto, secondo cui il perito che si è occupato dei nuovi accertamenti medici e tossicologici sul suo corpo non avrebbe escluso, comunque, l'assunzione volontaria, da parte di Anica, di un po' della droga rinvenuta nel suo sangue. I fatti risalgono al pomeriggio del 18 maggio dello scorso anno, data dell'ultimo avvistamento della donna, che tre giorni dopo, il 21 maggio, fu trovata senza vita in un'ansa del fiume Piave a Spresiano, in provincia di Treviso.
Si pensò subito a un caso di suicidio; l'autopsia non lasciò, però, spazio a dubbi: Anica era morta per soffocamento dopo essere stata tramortita da una serie di colpi alla testa, secondo il medico-legale. Da varie testimonianze e dall'analisi delle telecamere di videosorveglianza si era riusciti a capire che l'ultimo ad averla vista era stato il suo ex datore di lavoro, titolare della pescheria "El Tiburon".
Sembra che la 31enne lo aiutasse con le pulizie e che quel giorno si fosse recata a casa sua per ritirare il Cud relativo al 2022, mantenendosi in costante contatto con il compagno; il movente dell'omicidio non è ancora stato ricostruito: si pensa a un diverbio, a una discussione finita male tra Anica e Battaggia, nella cui abitazione sarebbero state trovate tracce di sangue a lei riconducibili.
L'uomo, di 78, avrebbe alle spalle diversi precedenti: noto per aver fatto parte della Mala del Brenta, nel 2011 avrebbe finito di scontare una condanna a 21 annni per omicidio. Agli inquirenti ha parlato di un presunto debito che Anica avrebbe avuto nei confronti di persone a lui ignote, sostenendo di averla aiutata, prestandole 5 mila euro, proprio il giorno in cui scomparve.
"Intorno alle 16.30 l'ha accompagnata dove doveva vedersi con una persona, non so chi. A quel punto sono andata via e di lei non ho saputo più nulla", ha detto. Lo riporta Treviso Today, secondo cui la sua versione non sarebbe stata ritenuta credibile. Da qui l'arresto. È accusato di omicidio volontario e di occultamento di cadavere. Stando a quanto ricostruito finora, l'avrebbe spostato, dopo averlo avvolto in un tappeto, con il suo pick up, ripreso in almeno tre momenti diversi dalle telecamere il giorno dell'omicidio vicino al Piave.
La donna, di 31, ha lasciato quattro figli. I più grandi, avuti nel corso di un rapporto con un uomo di origini romene, sono rappresentati, al momento, dall'avvocato Giorgia Serafini; la più piccola, di appena 4 anni, avuta con un altro uomo, è rappresentata da un altro legale, Marcello Stellin. Il compagno di Anica è assistito invece dall'avvocato Fabio Amadio. Tutti si aspettano giustizia.