Essere autentici, oggi, richiede coraggio. In un mondo che tende all’omologazione, andare controcorrente e manifestarsi in modo autentico, esprimersi per come siamo e come ci sentiamo, realmente in un quel momento, non è da tutti.
Il termine autenticità deriva dal greco antico αὐθεντικός (authentikós) che significava genuino o originale. Essere autentici significa quindi essere veri, nel senso di coerenti a sé stessi in termini di IDENTITÀ e VALORI. Spesso l’autenticità viene confusa con la sincerità, ma si tratta di concetti ben distinti sul piano psicologico. L’autenticità riguarda l’ESSERE, in particolare il modo in cui ci rapportiamo a noi stessi e agli altri, vivendo in modo congruente con i nostri valori e la nostra identità.
Siamo autentici quando manifestiamo pensieri, emozioni e valori, in modo coerente. Affinché ciò accada, dobbiamo, nell’ordine, riconoscere i nostri sentimenti, opinioni e desideri, quindi accettarli, infine esprimerli in modo aperto e sincero. Questo implica un alto livello di consapevolezza e un volontario impegno a vivere coerentemente a sé stessi, indipendentemente dalle aspettative sociali o delle persone a noi vicine.
La sincerità riguarda il FARE, in particolare il nostro comportamento comunicativo e la veridicità delle nostre informazioni. La sincerità è quindi legata al fatto di dire la verità (o ciò che riteniamo essere tale) in una data situazione, pertanto si tratta principalmente di onestà nelle parole e nelle azioni. Questo significa che potremmo essere totalmente sinceri nel dire all’altro ciò che pensiamo, ma non necessariamente essere autentici, perché magari decidiamo di non esprimere appieno le nostre emozioni o condividere in toto il nostro pensiero. Ciò che diciamo sarà quindi vero, ma non per forza sarà tutto di ciò che pensiamo.
Per essere autentici dobbiamo essere capaci di riconoscere le nostre vulnerabilità e avere il coraggio di accoglierle, cioè lasciarle trasparire, ovviamente nei limiti delle circostanze. Sembra strano associare il coraggio e vulnerabilità, a prima vista sembrerebbero concetti opposti, ma in realtà il vero coraggio non consiste nel mostrarsi invincibili o nell’andare ad ogni costo controcorrente, atteggiamento spesso così diffuso da diventare omologato e inconsistente. Il vero coraggio, come insegna l’etimologia del termine, è legato all’idea di avere cuore(Cor habeo), cioè la forza interiore per affrontare situazioni difficili con determinazione, restando coerenti a sé stessi fino in fondo. Per questo il coraggio è un ingrediente fondamentale nella ricerca dell’autenticità…
D’altro canto è la nostra vulnerabilità ad aver favorito il nostro essere individui sociali, perché insieme siamo più forti: se non fossimo vulnerabili, non attiveremmo le nostre risorse mentali, e fisiche, per adattarci a un ambiente esterno in continuo mutamento. E' la nostra vulnerabilità ad esporci alla paura di non essere adeguati, di essere rifiutati, e isolati, dal gruppo di riferimento, perché questo rappresenterebbe un pericolo su piano individuale. La vulnerabilità, quindi, è una debolezza che socialmente si può trasformare in punto di forza, purché impariamo ad accoglierla come una parte insopprimibile del nostro essere Umani e ad ascoltarla: le nostre fragilità sono canti dell’Anima che cerca di essere ascoltata, per indicarci la strada giusta nel continuo viaggio di metamorfosi che è la nostra esistenza.
Come artisti alle prese con il capolavoro di una vita, sfidiamo i nostri limiti come fossero nuove tonalità da testare, in cerca di quella perfezione esistenziale che è poiesis, creazione. La nostra vita è continua creazione di noi, istante per istante, grazie allo stimolo della nostra vulnerabilità, accolta e manifestata in modo autentico con coraggio e fiducia. Ma, che vantaggio c’è ad essere autentici in un mondo di maschere? E, nel caso, cosa occorre coltivare per giungere a un simile risultato?
In un contesto disintermediato, e sempre più accelerato, l’autenticità ci permetterebbe di stare al passo evitando di disperdere gran parte delle energie nel tener su la maschera o, viceversa, nel cercare di individuare il volto dietro alla maschera altrui…. Riconoscere e manifestare la propria vulnerabilità in modo autentico permette di creare connessioni più profonde con gli altri, di ricevere il loro supporto e fare squadra. Allo stesso modo, essere consapevoli della nostra fragilità ci rende più empatici e comprensivi nei confronti di quella altrui.
Per tutto ciò, occorre coltivare la FIDUCIA, in noi stessi e nell’altro. Il combinato disposto di autenticità e fiducia permetterebbe di risparmiare energie e tempo preziosi, da dedicare a nutrire le relazioni partendo dal considerare vero ciò che manifestiamo l’uno con l’altro. Si tratta forse di un’utopia, dato che siamo, chi più chi meno, tutti strutturalmente condizionati dall’intimo desiderio di essere riconosciuti e accettati socialmente e quindi propensi a indossare sistematicamente una maschera per dare la migliore impressione possibile. Ma trovo che sia uno sforzo collettivo necessario, per non disperdere tempo ed energia in costanti e faticose revisioni valutative che drenano risorse preziose e ci lasciano una fastidiosa sensazione d’insicurezza e di ansia.
Di Letizia Ciancio, psicologa del lavoro e scrittrice, ha pubblicato "Essere padre essere madre", "Il cambiamento possibile", "Eligo ergo sum"