Nelle scorse ore gli agenti della squadra mobile di Vicenza hanno tratto in arresto il presunto assassino dei coniugi Fioretto, uccisi la sera del 25 febbraio del 1991 nel cortile della loro abitazione: la svolta, arrivata a 33 anni dall'omicidio, è stata resa possibile - secondo il Corriere della Sera - dall'esame del Dna rinvenuto su alcuni reperti sequestrati all'epoca.
Dopo una prima archiviazione, nel 2012 l'inchiesta relativa all'omicidio di Mafalda Begnozzi e Pierangelo Fioretto era stata riaperta. La svolta, 33 anni dopo i fatti, sarebbe arrivata ora grazie all'esame del Dna rinvenuto su alcuni reperti dell'epoca: oltre a tre paia di guanti in lattice, una pistola e dei vestiti.
Il presunto assassino dei coniugi è stato arrestato. "Sono stato avvisato dell'arresto, ma ancora non so di chi si tratti. È una soddisfazione, sono contento che finalmente trionfi la giustizia", ha detto al Corriere della Sera il fratello dell'uomo ucciso, Giampaolo Fioretto.
Da anni, come il resto dei familiari, aspettava la verità su quanto accaduto la sera del 25 febbraio del 1991 nel cortile dell'abitazione delle vittime: Fioretto, di 59 anni, stava facendo rientro a casa dallo studio in cui lavorava come avvocato civilista quando trovò, ad attenderlo, due persone che uccisero prima lui e poi la moglie 52enne - scesa nel tentativo di soccorrerlo - a colpi di pistola.
Si ipotizzò che, per via della sua attività, fosse venuto a conoscenza di qualche giro illecito e che poi fosse stato preso di mira per essere azzittito. Sarà la Procura di Vicenza a chiarire se sia davvero andata così o se dietro l'omicidio si nascondesse altro.
Il caso dei coniugi Fioretti riporterà alla mente di molti quello della contessa Alberica Filo Della Torre, che il 10 luglio del 1991 fu uccisa all'età di 42 anni all'interno della lussuosa villetta in cui viveva insieme ai familiari nel quartiere dell'Olgiata, a nord di Roma.
Un caso rimasto a lungo irrisolto, conclusosi, a vent'anni dai fatti, con l'arresto del maggiordomo filippino della donna, di nome Manuel Winston Reyes: la svolta, arrivata nel 2011, fu possibile, in modo simile a quanto accaduto ora a Vicenza, grazie all'esame del Dna rinvenuto sui reperti sequestrati dalla scena del crimine, in particolare il lenzuolo usato dall'assassino per coprire il volto insanguinato della vittima.
Da tre anni l'uomo è tornato in libertà dopo essere stato condannato a 16 anni di reclusione per omicidio e averne scontati dieci: ad incastrarlo furono anche delle telefonate fatte nei giorni immediatamente successivi al delitto per cercare di vendere ad un ricettatore i gioielli in oro sottratti alla contessa. Sembra che da poco la stessa lo avesse licenziato.
Insieme al figlio dell'insegnante privata dei figli della vittima era finito subito nel mirino degli inquirenti; poi le indagini si erano concluse in un nulla di fatto. Fino alla svolta. Reyes, messo alle strette dalle nuove analisi, confessò, spiegando di aver colpito la 42enne con uno zoccolo e di averla poi strangolata nel corso di una lite perché aveva bisogno di soldi e lei si era rifiutata di riassumerlo. Prima che venisse fermato era riuscito a rifarsi una vita e, insieme alla moglie, aveva avuto una bimba: si chiama Alberica, come la vittima.