Gli occhi di molti europei, oggi, 27 giugno, e domani, 28, saranno puntati non solo sulle sfide degli Europei di calcio, ma anche sulla partita delle nomine per i vertici dell'Unione Europea. A scendere in campo in questa contesa sono i 27 capi di Stato e di governo: devono designare la presidenza della Commissione, la presidenza del Consiglio europeo e l’Alto rappresentante degli affari esteri. Rimanendo nella metafora calcistica: il tridente destinato a contare di più nella squadra di Bruxelles.
Prima che si dia il calcio d'inizio alla partita internazionale sulle nomine, i favoriti della vigilia sono la tedesca Ursula von der Leyen, per la presidenza della Commissione (la candidata del Ppe, sarebbe al suo secondo mandato); il socialista portoghese Diego Costa come presidente del Consiglio; e l'estone Kaja Kallas dei liberali di Renew come Alto rappresentante degli Affari esteri. Sta di fatto che il tridente (completato dalla conferma alla presidenza del parlamento europeo di un'altra Popolare, la maltese Roberta Metsola) tiene fuori i Conservatori, il gruppo cui appartiene anche Giorgia Meloni, che, alle scorse elezioni dell'8 e 9 giugno, ha fatto un bel balzo in avanti scavalcando i liberali di Renew e piazzandosi terzo, dietro solo a Popolari e Socialdemocratici. Il nodo politico è tutto qui: quale maggioranza si andrà a formare a Bruxelles per incardinare i cosiddetti top job, i vertici delle istituzioni europee?
La premier italiana Giorgia Meloni, a nome dei Conservatori, si è impuntata contro l'accordo a tre Popolari-socialisti-liberali chiuso alla vigilia del Consiglio Europeo delle nomine, sostenendo che non rispetta l'esito del voto delle scorse elezioni. Lo scontro, evidentemente, è tutto interno al centrodestra. Ma ieri, 26 giugno, è sceso in campo anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Quando la Presidente del Consiglio ha chiesto a tutte le forze politiche italiane quantomeno "di fare gioco di squadra, di agire con compattezza per l'interesse dell'Italia perché sia rappresentata al meglio negli incarichi di vertice" alludeva all'obiettivo di avere un commissario europeo con deleghe importanti più una vicepresidenza. E Mattarella ha ammonito i naviganti: "Non si può prescindere dall'Italia".
Ma tant'è: il gioco dei Popolari che, a livello europeo, hanno chiuso l'accordo con i Liberali e i Socialdemocratici piuttosto che con i Conservatori, rischia di emarginare il Governo italiano. Tant'è che il capogruppo del Ppe Manfred Weber, alla domanda 'come avete fatto a trovare l'accordo'? Ha risposto con le stesse motivazioni con le quali Giorgia Meloni sostiene la sua tesi:
Alla domanda, poi, cosa succede adesso? Weber ha ribattuto:
Weber, in ogni caso, ha sottolineato:
"Il Ppe è pronto a sostenere anche Costa e Kallas. Ma i Socialdemocratici e Renew sono pronti a fare lo stesso? I loro leader ci mettano la faccia: Scholz, Sanchez, Schlein devono esprimersi pubblicamente e dare una direzione chiara alle loro delegazioni. Altrimenti, finiscono per favorire Orban"
Vale a dire la destra estrema o i Conservatori della Meloni cui, il Ppe, almeno per ora, non sembra voler guardare.
Sta di fatto che se Weber dà la partita chiusa, un altro big dei Popolari, il premier polacco Donald Tusk, davanti alle rimostranze di Giorgia Meloni, l'ha messa così:
"Nessuno rispetta la premier Giorgia Meloni e l'Italia più di me. C'è stata un'incomprensione. Qualche volte servono piattaforme politiche per semplificare il processo. La posizione comune dei tre grandi gruppi nel Consiglio europeo, in cui abbiamo completato i negoziati, è solo per facilitare il processo"
E Tajani, il segretario di Forza Italia, il partito che rappresenta il Ppe in Italia, preso evidentemente da due fuochi, come se ne esce?
Sempre se la partita non sia davvero chiusa. Tanto da lasciare il contropiede ai Socialdemocratici rappresentati, in questo caso, da Francesco Boccia del Pd: